lunedì 29 Aprile 2024

La sfida della prossimità. Il ruolo dell’archeologia nei flussi turistici regionali

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Con la dicitura turismo archeologico si evocano spesso flussi turistici internazionali, soprattutto nel nostro Paese, che negli ultimi anni ha fatto del turismo nelle città d’arte uno dei prodotti più efficaci della propria offerta turistica.

Pur rimarcando l’importanza di tale fenomeno, è tuttavia necessario sottolineare come il nostro Patrimonio Archeologico possa invece essere oggetto di una importante azione di diversificazione, che integri i flussi turistici internazionali concentrandosi sullo sviluppo di un turismo di prossimità, tenendo conto del valore del Patrimonio Archeologico in termini identitari e di come esso possa rappresentare per i cittadini “vicini” a tale Patrimonio, un valore aggiunto in termini di conoscenza della storia del proprio territorio.

Nella retorica che spesso circonda il nostro Patrimonio Culturale, e forse ancor più il Patrimonio Archeologico, spesso si assume che la rilevanza storica e culturale del nostro Paese rappresenti una condizione necessaria e sufficiente a garantire un sostenuto flusso di visitatori. Malgrado tale pregiudizio positivo non venga mai espresso in modo così esplicito, esso si manifesta concretamente nell’operato di molte strutture museali, così arroccate a difesa del proprio patrimonio, così poco interessate, nei fatti, a fornire nuovi motivi di visita, nuove modalità di interazione con cittadini e con turisti.

È però evidente che tale convinzione sia del tutto pregiudiziale e completamente infondata. Che la grande e innegabile rilevanza del Patrimonio Archeologico custodito dai nostri musei non sia sufficiente ad attirare un gran numero di visitatori è chiaro a tutti e non ha nemmeno bisogno di essere argomentata.

Per quanto l’Italia, infatti, rappresenti una delle mete più ambite in ambito internazionale, e per quanto effettivamente numerosi siano i turisti che da tutto il mondo visitano il nostro Paese ogni anno, è improbabile, e quasi impossibile, che siano proprio quei turisti internazionali a rappresentare il maggior numero di visitatori per tutti i musei e le aree archeologiche presenti sul nostro territorio.

Il tempo turistico è breve. Impone scelte. E queste scelte inevitabilmente tenderanno sempre a favorire una concentrazione più elevata di visitatori all’interno delle città d’arte per cui l’Italia è realmente famosa nel mondo.

Dato che anche quest’affermazione è evidente, si può cercare di semplificare un po’ la questione riformulando il concetto: pur con le dovute eccezioni, molti dei musei archeologici e delle aree archeologiche del nostro Paese difficilmente potranno essere sufficientemente gremite dai soli visitatori internazionali.

Atteso ciò, quindi, a popolare quei luoghi rimangono soltanto due macro-categorie di visitatori potenziali: cittadini e turisti di prossimità.

Ora, l’importanza che questi luoghi di cultura presentano, o meglio, dovrebbero rappresentare per i cittadini è una tematica ben nota all’interno del dibattito, che si concentra su quegli elementi che sono più propri della reale missione che questi luoghi dovrebbero perseguire: conservare la conoscenza, proteggendola fisicamente e tramandandone i contenuti e la consapevolezza di quanto essenziale tale conoscenza sia nella nostra vita.

Il perché questa linea non venga sempre effettivamente perseguita è un tema che esula questa riflessione, perché in questa sede ciò che maggiormente rileva è la consapevolezza che tale linea di sviluppo esista, sia nota, e qualche volta persino implementata.

In altri termini, quando si esce dal perimetro delle riflessioni, e ci si addentra davvero nei territori, non è impossibile individuare anche piccoli musei archeologici che cercano di animare il proprio rapporto con la cittadinanza. Molto più raro è invece riscontrare che ci siano dei musei archeologici che sviluppino, in accordo con il sistema d’offerta turistica del territorio, una strategia volta ad intercettare flussi turistici regionali e sub-regionali, dedicando loro contenuti e promozioni specifiche.

La ragione di questa sostanziale assenza d’offerta è abbastanza prevedibile: se per visitare un Museo basta percorrere trenta o quaranta minuti d’automobile, allora sarà difficile che il visitatore del museo decida di trascorrere fuori la notte, e di trasformare quella che può essere una visita estemporanea, ed economicamente poco significativa, in un vero e proprio week-end, con spese ben più elevate.

Si tratta a ben vedere di una convinzione piuttosto fondata: a parità di costi, allora le persone tenderanno a visitare luoghi più lontani, non così facilmente raggiungibili.

Ma è una convinzione che non tiene però conto di due fattori importantissimi: il tempo, e le ragioni di visita.

Affinché ci sia una sostanziale parità di costi tra una meta distante (ad esempio una capitale internazionale) e il piccolo paesino della nostra provincia, è essenziale fare ciò che ormai molte persone fanno abitualmente: monitorare le offerte delle compagnie low-cost, incrociare le proprie disponibilità con i voli più economici e, soprattutto, prenotare in anticipo. Talvolta con molto anticipo. Sia il volo che l’hotel.

Inoltre, continuando ad analizzare il solo fattore tempo, il week-end in una meta più distante, presuppone un tempo di percorrenza che va in ogni caso sottratto al tempo totale disponibile.

Ci sono dunque sicuramente casi in cui il week-end a Barcellona, ma anche a Milano, Firenze, Napoli o Palermo, possa costare quanto un week-end in un paesino di provincia, ma le persone dovranno prenotare con anticipo e pianificare il proprio viaggio, tenendo conto che dal tempo disponibile, dovranno sottrarre il numero di “ore” necessarie a raggiungere quel luogo e ritornare poi a casa.

Questo ci porta dunque alle ragioni di visita: quando si pianifica un week-end in una meta turistica “tradizionale” (che sia in Italia o all’estero), si pianifica una sorta di “mini-vacanza, con tutto l’insieme di aspettative e di luoghi must-visit che ogni meta turistica presenta.

Queste motivazioni, tuttavia, non esauriscono affatto le possibili motivazioni che potrebbero, ad esempio, portare un individuo, una coppia o una famiglia a trascorrere il week-end fuori casa.

Per fare solo qualche esempio, tra le motivazioni di viaggio ci sono anche il bisogno di poter trascorrere momenti di evasione dalla propria realtà quotidiana, di interrompere la routine, di potersi rilassare, di assistere ad uno specifico evento, di passare più tempo immersi nella natura, ecc.

Sviluppare un’offerta turistica a carattere regionale e sub-regionale, quindi, potrebbe rappresentare per molte persone una importante alternativa al viaggio programmato: scoprire il venerdì sera, di ritorno dall’ufficio, che in un piccolo paesino a 40 minuti da casa c’è un’offerta per un week-end che include una cena, un pernottamento per due, una visita guidata ad un’area culturale e un’altra tipologia di esperienza (che sia di tipo sociale, enogastronomico, sportiva o di attività da compiere all’area aperta) ad un prezzo del tutto accessibile, potrebbe rappresentare un’alternativa molto convincente.

Se a ciò si inizia a sviluppare un’offerta che sensibilizzi sul valore del proprio territorio, su quanto il proprio territorio possa fornire in termini di esperienze, e su quanti luoghi bellissimi e poco noti tale siano presenti, si può strutturare una categoria d’offerta turistica che potrebbe andare ad intercettare un bisogno che molto spesso rimane insoddisfatto.

In questo processo, il patrimonio archeologico e gli attori che lo promuovono e lo gestiscono rappresentano forse uno degli anelli più importanti dell’intera catena di produzione: la diffusione territoriale dei luoghi archeologici è pressoché capillare; la conoscenza che l’archeologia può fornire di un territorio è estremamente illuminante per poter definire un’offerta “contenutistica” all’intera area; la presenza di aree archeologiche che consentano di integrare la visita anche con attività di tipo naturalistico (percorso di trekking) o di tipo sociale (guida più aperitivo), e di poter, al contempo, presentare offerte specifiche per genitori e bambini (laboratori, ecc.) costituisce poi una grande risorsa per la definizione dell’intera offerta.

È tuttavia necessario che tali azioni vengano concordate e realizzate tenendo conto delle esigenze di sostenibilità presentate dalle imprese che costituiscono l’insieme dell’offerta turistica, e che vengano altresì sviluppate secondo una logica che abbia una dimensione che, pur rispettando il perimetro territoriale, consenta di rendere stabile, e strutturale, un’offerta di questo tipo.

Così facendo, però, non solo si può sviluppare una rinnovata curiosità nei confronti del proprio territorio di appartenenza, ma si può altresì trovare un’offerta specifica in grado di sviluppare delle micro-economie turistiche, anche in quei territori meno noti, o comunque in quei territori che hanno un flusso turistico concentrato esclusivamente in determinati periodi dell’anno.

Piombino, turismo e storia oltre l’orticello, Aldo Agroppi e Lido Vieri – Una risposta al professor Aldo Grasso

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