lunedì 29 Aprile 2024

La vita di un porto, il museo del Portus Scabris al Puntone di Scarlino – VIDEO

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Il Museo del Portus Scabris raccoglie i reperti archeologici emersi durante gli scavi subacquei effettuati durante i lavori per la costruzione del porto turistico nella rada di Portiglioni. E’ la la Marina di Scarlino, dove in epoca romana le banchine del celebre Portus Scabris, citato dalle fonti antiche, erano un vivace luogo di scambi. I ritrovamenti archeologici sono infatti proprio uno spaccato della vita portuale: anfore da trasporto e vasellame di bordo dell’equipaggio, strumenti marinari, scarti del carico o, più spesso di quanto si possa pensare, materiale caduti durante le operazioni dalle imbarcazioni o dal molo.

Il museo ha sede in un casello idraulico dei primi del ‘900 affacciato sul padule di Scarlino , un tempo grande e salubre lago costiero, oggi area protetta

Un porto ne scopre un altro

Gli scavi archeologici subacquei sono stati condotti nel 2000 e 2001 e hanno rivelato che l’insenatura è stata intensamente frequentata da navi mercantili a partire dalla fine del III secolo a.C. Tale scoperta è di grande importanza perché fornisce la prova materiale che in questi luoghi si trovava il Portus Scabris di cui parlano le fonti antiche. L’allestimento del museo si propone di ricostruire la vita dello scalo attraverso i reperti archeologici. Reperti che il mare ha custodito per secoli, ora testimoni di una storia che arriva fino a noi.

L’insenatura delimitata a sud dal modesto rilievo di Portiglioni, scarsamente protetta dai venti di libeccio e ponente, faceva parte di un sistema portuale più ampio, di cui costituiva lo scalo a mare. All’occorrenza le navi potevano trovare riparo all’interno di un ampio lago salato, comunicante con il mare, utilizzato a tale scopo ancora nel ‘700. L’estensione del lago si è progressivamente ridotta nel corso di secoli ed oggi, a seguito delle bonifiche effettuate a più riprese tra ‘800 e prima metà del ‘900, la zona si presenta come un’area umida attraversata da una rete di canali, denominata Padule di Scarlino.

Portus Scabris

Portus Scabris un impulso fondamentale venne dalla vocazione siderurgica del territorio, inserito nell’orbita della città etrusca di Populonia. Il minerale ferroso, l’ematite, estratto all’Isola d’Elba, veniva trasferito via mare nei centri di lavorazione lungo la costa e l’area presso la foce del lago salato fu scelta per le sue caratteristiche favorevoli: approdo sicuro per le navi e facile reperibilità delle materie prime necessarie al funzionamento delle manifatture (legname come combustibile; pietre e terra refrattaria per la costruzione dei forni). La classificazione antica di Scabris come Portus ne conferma l’importanza, in quanto il termine veniva utilizzato per distinguere porti veri e propri dotati di infrastrutture, da scali e approdi meno attrezzati.

Il porto attraverso i secoli

Nella tarda e media età repubblicana, tra III e I secolo a.C., Portus Scabris era in pieno sviluppo grazie alle manifatture siderurgiche. Oltre al minerale ferroso dell’Isola d’Elba alle banchine del porto giungevano vino, olio e vasellame, tra cui le tipiche ceramiche a vernice nera. Le merci provenivano dall’Etruria, dall’Italia meridionale e da tutto il Mediterraneo.

Alla fine dell’età repubblicana, nel I secolo a.C., l’insediamento portuale fu potenziato con impianti termali e strutture ricettive, come la stazione di sosta di Manliana. Le navi in transito trasportavano dalle province anfore contenenti olio, vino e garum. In questo periodo si afferma l’uso della terra sigillata italica, vasellame da mensa di colore rosso prodotto prima in Etruria e poi nelle province della Gallia, della Penisola Iberica e del Nordafrica. Nella media e tarda età imperiale, mentre le campagne iniziarono a spopolarsi, Portus Scabris rimase un centro ancora vitale. Dopo la caduta dell’Impero romano il porto continuò ad offrire alle navi uno scalo sicuro con la possibilità di rifornirsi di acqua. Le derrate alimentari provenivano in larga parte dall’Africa settentrionale, e in misura minore dal Mediterraneo orientale. Con le anfore viaggiavano anche ceramiche e oggetti in vetro.

Nel Medioevo il porto a mare, chiamato Portichale, accoglieva piccoli bastimenti impegnati nel commercio del sale e del grano, prodotti che non hanno lasciato tracce archeologiche. Il lago, oltre che per il porto interno, era sfruttato anche per la pesca.   In età moderna il territorio si è progressivamente spopolato. Nonostante l’impaludamento del lago e la diffusione della malaria, piccoli bastimenti continuavano a fare scalo nelle acque interne e lungo la costa. Un’illustrazione del ‘700 raffigura infatti il traghetto utilizzato per attraversare la foce e le imbarcazioni ormeggiate.vLo scalo interno scomparve con la bonifica del padule, avviata dai Lorena e conclusa alla metà del Novecento. Sul versante marino, le acque di Portiglioni ospitarono fino al 1978 le attività legate al trasporto della pirite, utilizzata per ricavarne acido solforico. La pirite, estratta nelle miniere del retroterra, veniva trasportata su teleferica fino al pilone di carico, in mare aperto, e qui caricata sulle navi.

Le anfore a Portus Scabris

Tra III e I secolo a.C., le anfore testimoniano il ruolo di primo piano giocato dalla penisola italica, in particolare sul versante tirrenico, nella produzione ed esportazione di vino e olio.In età imperiale, tra II e VII secolo d.C., il flusso commerciale si inverte. Salvo poche eccezioni, vino, olio e salse di pesce provengono dalle province del Mediterraneo occidentale, con prevalenza dall’Africa settentrionale.

BIBLIOGRAFIA / REFERENCES

Gambogi, P. (ed.) (2010). Il Museo Archeologico del Portus Scabris. Leaflet obtained in Museo Archeologico del Portus Scabris. Soprintendenza per il beni archeologici della Toscana – Comune di Scarlino

Semplici, A. (2015). I Musei di Scarlino. Arcidosso (Gr): Edizioni Effigi

 

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