sabato 27 Aprile 2024

Divario Nord-Sud, non basta il PNRR. L’aspettativa come motore per il territorio: il caso dell’archeologia in Sicilia

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Un recente rapporto siglato da SVIMEZ ha affermato che, con ogni probabilità, nemmeno con le risorse del PNRR si ridurranno le differenze tra le aree del nord e le regioni meridionali del nostro Paese. Una condizione che di certo è corretto sottolineare, ma che non deve stupire più di tanto. Per colmare le distanze non basta, infatti, un investimento infrastrutturale: occorre anche lo sviluppo corrente, e vale a dire uno sviluppo che parte dal territorio e che ne riflette le principali caratteristiche positive.

Nel dettaglio, tuttavia, occorre altresì potenziare un elemento, per certi versi immateriale, ma che ha un’influenza molto più significativa di quanto si tenda a credere sulla crescita e lo sviluppo delle aree territoriali: l’aspettativa.

Tale aspettativa si collega, ad esempio, con la percezione che cittadini e non cittadini hanno nel tempo maturato di un determinato territorio, contribuendo all’emersione di fenomeni coerenti con le aspettative maturate.

Si tratta di un fenomeno piuttosto noto, che si applica sia alle dimensioni individuali sia a quelle aggregate. Chiaramente non è una vera e propria manipolazione della realtà, quanto piuttosto una modalità di dare maggiore attenzione a determinate caratteristiche piuttosto che ad esse.

In ambito aggregato, l’aspettativa ha guidato lo sviluppo economico italiano durante tutti gli anni ’80, quando secondo molti studi, la percezione di una disponibilità di spesa da parte degli italiani ha incrementato i consumi totali, determinando così un mantenimento dell’economia che altrimenti avrebbe presentato condizioni più critiche. Non serve però tornare così indietro nel tempo: ogni volta che Elon Musk ha pubblicato un tweet legato ad una propria iniziativa imprenditoriale generando cambiamenti importanti in termini di investimento da parte di migliaia di persone ha usato proprio questo stesso meccanismo.

Come si applica tutto ciò ad un territorio? Iniziando ad incrementare l’attenzione su elementi che altre narrazioni potrebbero aver posto in secondo piano. Prendiamo la Sicilia, ad esempio.

Per anni, l’immaginario legato all’Isola più grande del nostro Paese non è stato positivo, e si è catalizzato su alcuni elementi che dal punto di vista economico non ne hanno favorito di molto lo sviluppo. Nel tempo questa percezione è andata via via sfumandosi, grazie anche alla progressiva affermazione della regione come meta turistica, e grazie, va detto, anche all’attenzione sul suo Patrimonio Culturale, materiale e immateriale.

L’archeologia, è quasi superfluo dirlo, ha giocato in questo processo un ruolo centrale: se la dimensione balneare e la tradizione culinaria hanno incuriosito ed invogliato le persone a visitare la Sicilia, la dimensione archeologica ha dato profondità e spessore alle precedenti offerte, divenendo dapprima un elemento distintivo dell’intera esperienza siciliana, e, progressivamente, un veicolo attraverso il quale affermare la grande rilevanza storica della regione, conferendo una tridimensionalità ad una visione del territorio, e incentivando con ancora maggiore enfasi quel tratto di identità territoriale che, anche per ragioni storiche, caratterizza molti cittadini siciliani.

Le aspettative legate alla Sicilia sono, nel tempo, molto cambiate. Certo, la dimensione della malavita è ancora presente, ma probabilmente più come un feticcio cinematografico (a livello internazionale) che come una reale preoccupazione.

Già 10 anni fa, le aspettative sulla Sicilia erano ormai diverse da quanto ci si potesse aspettare: dalla Regione ci si attendeva, prima del viaggio, un luogo caldo, ospitale, dalle importanti tradizioni gastronomiche e denso di storia e di arte. Per quanto questo cambio fosse già evidente, soprattutto all’estero, in Italia abbiamo impiegato alcuni anni in più per comprenderlo.

Non i siciliani, però, che nel tempo hanno compreso quanto fosse importante questa dimensione, sviluppando iniziative e programmi, come la costituzione del Sistema dei Parchi Archeologici o il più recente accordo tra la Regione Siciliana e la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Catania per la valorizzazione del patrimonio, o la ricerca di strumenti e modalità di interpretazione del patrimonio archeologico in una logica di valorizzazione e sviluppo del territorio nel suo complesso.

Un risultato che, ad oggi, si può dire almeno in parte raggiunto, come dimostrato dai numerosi casi studio che riguardano il territorio siciliano, e ai risultati ottenuti nel tempo anche in ambito digitale, come la vicenda del Museo Salinas di Palermo che, nel 2015, avviò una campagna di promozione e valorizzazione online durante un periodo di chiusura fisica della sede, raggiungendo un’inedita attenzione mediatica e un importante interesse da parte di professionisti italiani ed internazionali.

Raggiungere un risultato, tuttavia, non significa aver conquistato l’obiettivo: sono ancora molte le azioni che è necessario intraprendere, alcune delle quali, sotto il profilo territoriale, sono tanto fondamentali quanto importanti, come il completo superamento di una visione turisimocentrica dell’archeologia, e l’affermazione di una più profonda consapevolezza del ruolo del patrimonio e della relazione con l’archeologia nella definizione anche di piani di sviluppo economico, correlati all’archeologia e non correlati all’archeologia.

È importante porre l’attenzione e definire le caratteristiche territoriali e di scenario più adatte alla creazione di economie innovative in ambito archeologico, e alla successiva integrazione di tali economie con un più profondo tessuto imprenditoriale che, per inciso, esiste ed è importante, come nel caso dell’aggregato di imprese tecnologico legato al territorio catanese, cui si associa un fenomeno di estensione di un’economia imprenditoriale giovane, che tra il 2017 e il 2022 ha quasi raddoppiato il numero di start-up innovative attive nel territorio regionale.

Si tratta di direttrici che la Regione ha già intrapreso, e che affermano il territorio siciliano come uno dei più intensamente impegnati, in Italia, nella valorizzazione della propria archeologia.

È chiaro che permangono situazioni di criticità importanti, soprattutto in alcuni territori, cui si affiancano delle criticità endemiche, che sono criticità squisitamente italiane.

Ma è necessario guardare a questo territorio, e ad altri territori del Sud, con occhi diversi. Perché se su alcune tematiche è evidente ci siano delle carenze, in altre, tali territori rappresentano piuttosto un punto di riferimento cui guardare con interesse.

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