Le più recenti scoperte archeologiche rese note dalla direzione degli scavi di Pompei stanno svelando dettagli sul lavoro schiavistico nella città vesuviana, in un ambiente, identificato come un “panificio-prigione”.
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Le parole utilizzate dal Parco Archeologico descrivono un luogo che, secondo il direttore Gabriel Zuchtriegel, potrebbe aver ospitato una realtà drammatica, ben nota nell’antichità, dove persone ridotte in schiavitù e asini erano rinchiusi e sfruttati per macinare il grano necessario alla produzione del pane.
Panificio-Prigione: Un ambiente di sfruttamento e produzione
Questo panificio, nella Regio IX, insula 10 di Pompei, è emerso nel corso degli scavi volti a mettere in sicurezza e mantenere i fronti che delimitano l’area ancora inesplorata della città antica. L’ambiente angusto e senza affaccio esterno, con piccole finestre dotate di grate in ferro, rivela un contesto chiuso, suggerendo l’ipotesi di un luogo di lavoro per manodopera schiavizzata.
Una storia di sofferenza e lavoro
Il panificio-prigione si inserisce in una domus in fase di ristrutturazione, con una divisione tipica tra settore residenziale, decorato con affreschi di IV stile, e un quartiere produttivo dedicato alla panificazione. Nello stesso contesto, la presenza di macine e altri reperti ha confermato la natura del panificio, mentre la scoperta di tre vittime suggerisce che, nonostante i lavori in corso, la dimora non fosse disabitata.
Testimonianze di un passato doloroso
Le indagini hanno permesso di delineare un quadro più dettagliato del funzionamento del panificio, riportando alla luce le condizioni di vita e lavoro estremamente difficili degli schiavi e degli animali. Le macine, collocate nella parte meridionale dell’ambiente centrale, presentano incavi semicircolari nelle lastre di basalto vulcanico, concepiti per guidare il movimento degli animali da tiro e formare un percorso circolare, come descritto anche da Apuleio nel II secolo d.C.
Il lavoro massacrante negli antichi mulini-panifici
Le testimonianze di Apuleio, narrante dell’esperienza di un protagonista trasformato in asino e venduto a un mugnaio, si integrano con le nuove scoperte, permettendo di comprendere meglio il funzionamento pratico del panificio. L’ambiente, privo di porte esterne, con un’unica uscita sull’atrio, rappresenta uno spazio dove la libertà di movimento delle persone di status servile era severamente limitata
Una finestra sugli schiavi di Pompei
L’ambiente riaffiorato, con la sua testimonianza di dura vita quotidiana, arricchisce la narrazione della mostra “L’altra Pompei: vite comuni all’ombra del Vesuvio”, dal 15 dicembre alla Palestra grande di Pompei. La scoperta di spazi come questo contribuisce a comprendere il lato più sconvolgente della schiavitù antica, evidenziando la brutalità e la violenza subita dagli individui.
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