martedì 19 Marzo 2024

Dal Parco di Archeologia Condivisa alla “citizen science”: opportunità per archeologi manager a Poggio del Molino

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L’archeologia partecipativa rappresenta oggi una delle più importanti opportunità di sviluppo della disciplina. Forse la sola che, con metodi codificati e approcci in continuo aggiornamento, è in grado di coinvolgere la comunità nella sua potenziale interezza, avendo cura della vita e degli interessi quotidiani delle persone.

Al centro della sua ragion d’essere è la conservazione della memoria storica delle comunità: la necessità di conciliare la salvaguardia dei territori con gli interessi più generali della collettività. Per restituire un senso ai resti del passato che, per dirla con Daniele Manacorda, hanno “una funzione sociale vitale, che identifica le capacità di una nazione di testimoniare la propria eredità culturale e di farla vivere manifestandosi a tutti i livelli pubblici, associativi, privati nei quali si articola la società civile”. In altre parole, la comunità ha bisogno del suo passato e l’archeologia ha il dovere morale di trasmettere il passato alla comunità.

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In questo contesto, l’archeologo deve quindi ripensare costantemente il proprio ruolo nella società che cambia, non solo arricchendo gli studi e le conoscenze, ma soprattutto innovando la propria professionalità con innesti di competenze e conoscenze derivate dall’ambito economico, del management, della sociologia, della comunicazione, del marketing, ancora drammaticamente assenti dai programmi accademici.

Il gruppo di ricerca del Progetto Archeodig, sostenuto da Fondazione Aglaia – Diritto al patrimonio culturale, si dedica da anni alla progettazione e alla realizzazione di programmi di archeologia partecipativa che riconoscono il punto focale dell’interesse archeologico, non più nello studio “tradizionale” e nella mera raccolta del dato, e quindi della traccia archeologica che permetterà la ricostruzione di uno spaccato della storia del territorio indagato, ma nel coinvolgimento attivo dei cittadini in tutte le fasi della “filiera” archeologico-culturale: la ricerca con la citizen science; la cura attraverso la formazione di una cittadinanza consapevole; la valorizzazione intesa come piena accessibilità sia cognitiva che fisica alla conoscenza del passato; la comunicazione attraverso cittadini/portavoce che hanno condiviso le esperienze; la crescita sociale grazie all’inclusione di tutta la comunità, con particolare attenzione alle persone “fragili”; la crescita economica legata allo sviluppo del turismo culturale e ad una rinnovata produzione artigianale; e, non da ultimo, la percezione che tutto ciò generi un benessere diffuso sulla comunità e il territorio.

Con queste premesse si apre ogni anno il cantiere di scavo dell’area archeologica di Poggio del Molino, a Populonia. Dopo lo stop forzato dovuto alla pandemia, la ripresa delle attività nel 2022 è stata estremamente positiva: oltre cento partecipanti tra studenti e volontari, nei mesi di maggio, giugno, inizi luglio, settembre, con programmazione fino a metà ottobre.

L’identikit del volontario in archeologia è piuttosto definito: donna, americana, tra i 50 e i 65 anni. Non mancano uomini, ovviamente, e neanche giovani e over 65 (69% donne e il 31% uomini; 38% tra 50 e 65 anni, 31% over 65, 15% tra 35 e 50, 9% tra 18 e 25 e 7% tra 25 e 35 anni), e neanche cittadini di altre nazioni (75% Stati Uniti, 5% rispettivamente Italia, Canada, Australia e Inghilterra, 2% Giappone e 3% Germania, Olanda, Svizzera).

Gli studenti sono al 90% americani, sullo scavo si parla inglese e si impara una professione “come” all’università.

A tutti gli effetti, si tratta di un’esperienza diversa rispetto a quella vissuta su uno scavo “tradizionale”: un cantiere di archeologia partecipativa, infatti, è un’opportunità per i giovani archeologi di testare sé stessi e la propria professionalità non solo in rapporto agli strati di terra e alle procedure di scavo, quasi isolati nella comfort zone degli addetti ai lavori, ma di aprirsi al confronto con la comunità sin da quando si accolgono tra le mani le tracce materiali appena tornate alla luce dopo secoli di oblio. In questo modo, l’archeologo impara a comprendere “l’altro”, il cittadino, e a gestire la propria professione come un ponte tra il mestiere dell’archeologo in senso stretto e il mondo esterno, a cui l’archeologo si rivolge. Guardare oltre lo scavo significa guardare oltre sé stessi, inoltrarsi dove sono i leoni, per comprendere le opportunità che questo mestiere può veramente offrire.

Fondazione Aglaia cerca quindi giovani archeologi aspiranti imprenditori di sé stessi.  Si può scrivere a info@pastexperience.it.

SUL SITO ARCHEOLOGICO DI POGGIO DEL MOLINO:

Poggio del Molino, le tre vite di un sito archeologico. Da fortezza romana contro i pirati a villa con mosaici a Populonia (Golfo di Baratti – Piombino). VIDEO

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