martedì 19 Marzo 2024

I dodici soldati della Grande Guerra rinvenuti al Tonale: erano in una fossa comune

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Dodici soldati che avevano combattuto durante la Grande Guerra, e nella battaglia erano stati uccisi. Li hanno ritrovati lì al Tonale, dove il diario di un ufficiale italiano del battaglione Valcamonica, Ubaldo Ingravalle, scriveva che si sarebbero potuti ritrovare. Infatti, grazie alla cocciutaggine di Sergio Boem, che di quell’ufficiale è il nipote, e alla sensibilità della Soprintendenza per i beni culturali della provincia autonoma di Trento, si è arrivati al recupero di questi dodici soldati dell’esercito austro-ungarico, che erano caduti durante l’ultimo grande sforzo imperiale per vincere la guerra contro gli italiani, nel giugno del 1918. Era l’operazione “Valanga” (Unternehmen Lawine), e i fatti risalgono al 13 di quel mese. La fortuna è che il Trentino, e la sua soprintendenza, ritiene i fatti della Grande Guerra meritevoli di indagine archeologica, nell’ambito della “conflict archaeology“. Studiando con metodo archeologico i resti si possono infatti comprendere molti elementi di quanto accaduto, a volte la dinamica dell’azione, altre volte la provenienza dei caduti, il loro grado, il loro stato di salute o di nutrizione al momento in cui sono stati colpiti. Se le ferite sono compatibili con colpi d’artilieria, di mitragliatrice, d’arma bianca. Se sono stati sepolti in fretta o con una cerimonia, dal nemico o dai propri compagni d’arme. Se sono stati fatti oggetto di spoliazioni o sono rimasti sul luogo, dimenticati. Quanti anni avevano, erano un esercito di vecchi coscritti, o di giovani inesperti? Di anziani soldati della riserva al crepuscolo della duplice monarchia? C’erano anche soldati ed equipaggiamento tra di loro? Queste e molte risposte, prima di essere consegnati a Onorcaduti (che si occupa di questi delicati temi per il Ministero della Difesa) e, in questo caso all’omologa Croce Nera dei nostri ex nemici, organizzazioni che hanno avvallato l’importante operazione, coordinata, come molte altre di conflict archaeology in Trentino, da Franco Nicolis, vero punto di riferimento della materia.

I dodici caduti erano, come suggeriva il diario, stati sepolti in grande fretta all’interno di una grande buca di granata, e lì erano rimasti senza onori e memoria alcuna da 104 anni.

“I corpi – racconta la soprintendenza – erano disposti in posizioni diverse e molto irregolari, in connessione con i resti scheletrici sono stati rinvenuti elementi dell’equipaggiamento personale, fra cui ramponi, scarponi, custodie di maschere antigas, strumenti e altri oggetti. Tra questi tre contenitori in lamina nei quali erano conservati i fogli matricolari cartacei: purtroppo le loro condizioni lasciano poche speranze che si possa risalire all’identità dei caduti. I dati finora acquisiti indicano senza ombra di dubbio l’appartenenza dei soldati all’esercito austro-ungarico”.

I resti saranno sottoposti a studio bio-antropologico a cura del professor Daniel Gaudio dell’Università di Durham (Gran Bretagna). Lo scavo è stato condotto da SAP Società archeologica (con gli archeologi Marco Redaelli, Igor Sanavia, Nicola Cappellozza e Elia Scanavini.).

Gianmaria Bonaldi, tenente che ha combattuto sull’Adamello nella Prima guerra mondiale, aveva scritto, alla fine della battaglia: “La vasta piana del Tonale, le pendici dei Monticelli e di Cima Cady erano un tragico viluppo di morti uno sull’altro, a cataste nei punti più contesi.

L’intera “operazione archeologica” (concedeteci il termine) è stata condotta nel più assoluto riserbo (che poi in montagna è del tutto relativo!), e persino noi di ArchaeoReporter, che ne conoscevamo luoghi, i tempi e le finalità, non ne abbiamo parlato, tradendo un po’ la nostra missione giornalistica. La scelta è stata fatta solo per garantire la maggior tranquillità possibile a chi lavorava, per evitare qualche razziatore della domenica. Ma avremmo preferito comunque poterla documentare, come spesso facciamo, con le nostre immagini, all’insegna del rispetto e, se permettete, della competenza sulla materia. Siamo tuttavia fortemente convinti che la conflict archaeology sia estremamente educativa per il territorio, e che raccontarla apertamente nel corso di scavo sarebbe una grande opera di archeologia pubblica, di educazione e di rispetto per l’oggetto della ricerca. Peccato mancare queste occasioni, il Trentino di solito è più attento, speriamo nelle prossime. A proposito, la parte del campo di battaglia in Lombardia, che divide il Tonale con la provincia di Trento, come verrà indagata dalla soprintendenza locale, visto che anche in questo caso ci sono situazioni molto simili attestate dalla documentazione storica?

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