sabato 20 Aprile 2024

Archeologia e Grande Guerra, restituire brani di vita alle storie scomparse di soldati. Oltre la caccia ai “cimeli”

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L’archeologia della Grande Guerra può raccontare storie segrete grandi e piccole di soldati. In fondo, la storia dei nostri nonni, dei nostri zii. Dare una storia ai caduti e agli oggetti che a loro appartenevano. E a volte integrare o mettere in discussione la verità “scritta” delle fonti ufficiali o della memorialistica, raccontando fatti accaduti in modo molto diverso da come erano stati descritti o ricordati in lettere o diari. A volte confermando invece le relazioni ufficiali. Un esempio importante in Italia è la storia dei tre soldati italiani del Valico del Menderle, scavato in Trentino, nei pressi del Corno Battisti, un’azione avvenuta nel 1916, e che grazie allo scavo e ai ritrovamenti archeologici si rivelò molto diversa da quanto consegnato agli archivi. Riportando anche, se vogliamo, onore e dignità allo sforzo di quei caduti. Nel video il racconto di Franco Nicolis, direttore dei beni archeologici della provincia autonoma di Trento, che con Nicola Cappellozza ha scavato archeologicamente l’area dello scontro.

QUI IL VIDEO SULLE SFIDE DELL’ARCHEOLOGIA DELLA GRANDE GUERRA:

Nicolis ha parlato a Firenze nell’ambito di TourismA, nell’incontro “Scavare il presente – Come l’archeologia può indagare l’età moderna e contemporanea”, coordinato dal professor Giuliano Volpe.

Due le grandi questioni aperte nell’archeologia della Prima Guerra Mondiale: la prima è che, come tutta l’archeologia della contemporaneità, deve lottare per farsi riconoscere con la dignità di archeologia dal mondo accademico e dalle istituzioni, cosa che sta lentamente avvenendo. Il secondo “fronte” è invece, importantissimo, il dialogo con i cittadini e le comunità locali, teso a superare la logica della “caccia ai cimeli”, l’uso indiscriminato del metal detector (con o senza “patentino”) e il disinteresse che sfocia nell’oblio. Un elmetto italiano “Adrian”, ad esempio,  può finire su uno scaffale di un collezionista o di un venditore di cimeli, oppure può raccontare una storia nel contesto di altre storie: restituire brani di vita di esseri umani alla comunità e, talvolta, ai discendenti famigliari. E questo può essere fatto solo con un’alleanza tra ricercatori e chiunque sia interessato alla propria storia. In quella che venne giustamente definita come “l’archeologia del nonno”.

Per approfondire: Scavare (nel)la storia. Valico del Menderle (Vallarsa), 11 luglio 1916.
A cura di Franco Nicolis /
Archeologia, storia, memoria, Franco Nicolis /
Archeologia di un campo di battaglia.
Le evidenze materiali dell’attacco italiano al costone del Menderle; Nicola Cappellozza, Franco Nicolis / Studio antropologico sui resti scheletrici
del Menderle, Daniel Gaudio

Sono tutti articoli nella rivista : ADA – Archeologia delle Alpi 2016, Provincia Autonoma di Trento

FORSE PUÒ INTERESSARE ANCHE, SULL’ARCHEOLOGIA DELLA GRANDE GUERRA E, SUBITO SOTTO, ANCHE UN ASPETTO SCONOSCIUTO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE IN ITALIA:

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