venerdì 26 Aprile 2024

“Archeologia Pubblica è molto più che divulgazione”. Giuliano Volpe risponde a Francesco di Gennaro

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di Giuliano Volpe*

Il riferimento fatto dall’autorevole collega Francesco Di Gennaro, all’ “ambito accademico” (qui la lettera su Giornalismo e Archeologia in questione, ndr) per quella che lui considera una  “maldestra traduzione del nome di una materia, altresì importata in Italia da università estere, l’ “Archeologia pubblica” , mi sollecita una precisazione, visto che al tema ho da poco dedicato un volume che maldestramente si intitola appunto ‘Archeologia pubblica’ (libro che questa testata ha benevolmente recensito; ringrazio Angelo Cimarosti per questo e soprattutto per il suo impegno).

Di Gennaro ha  ragione ad affrontare criticamente la questione della definizione e io stesso mi sono posto il problema nelle prime pagine del mio libro; ma poi ho anch’io preferito conservare in italiano la traduzione di Public Archaeology con ‘Archeologia pubblica’. Sono/siamo comunque in buona compagnia: ad esempio anche in Spagna si parla di Arquelogía pública (si vedano i lavori ad esempio L. ALMANSA SÁNCHEZ). Non è sempre facile tradurre da altri ambiti, come quello anglosassone, ma alla fine è meglio una definizione che fa capire (almeno si spera) a cosa ci si riferisce:  un po’ come è successo ad esempio con Landscape Archaeology, tradotta con ‘Archeologia dei paesaggi’ e non, ad esempio, con ‘Topografia antica’, perché si tratta di visioni e approcci alquanto diversi, in qualche modo anche convergenti, ma diversi.

Infatti, tornando alla Public Archaeology credo che sarebbe un gravissimo errore tradurre con “Divulgazione dell’Archeologia” oppure “Archeologia partecipata (o divulgata, o spiegata)” come sembra preferire Di Gennaro: significherebbe cadere nell’errore (e nello stereotipo, visto che si parla di luoghi comuni) di considerare l’Archeologia pubblica sinonimo di ‘comunicazione’ o ‘divulgazione’, attività benemerite che però rappresentano solo un aspetto, e forse non il principale, di questo modo di intendere (come si vede faccio attenzione a non definirla ‘disciplina’) l’Archeologia. Anche limitare il concetto di Archeologia partecipata a archeologia “divulgata, o spiegata” è davvero molto riduttivo. Di Gennaro poi afferma che l’Italia è un “paese dove l’Archeologia è sempre stata pubblica”: affermazione che mi lascia sinceramente assai perplesso.

Io stesso ho voluto dedicare molto spazio a quelle esperienze che possiamo far rientrare nell'”archeologia pubblica” prima che si definisse tale e ho citato alcune (solo alcune) personalità, come ad esempio Riccardo Francovich, ma da qui ad affermare che l’archeologia italiana è sempre stata “pubblica” ce ne corre parecchio, tranne che non si intenda con questo che è stata praticata prevalentemente (se non esclusivamente) da istituzioni pubbliche, che è tutt’altra cosa. Ma ci sarebbe da discutere a lungo. In ogni caso ringrazio davvero Francesco Di Gennaro per le sue riflessioni, che aiutano al confronto su temi molto importanti e attuali.

*Professore ordinario di Archeologia – Università di Bari “Aldo Moro”

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