Il “Pozzo delle Meraviglie“: lo hanno subito battezzato così, sin dall’inizio dello scavo del manufatto medievale in mezzo al cortile del convento di San Pietro in vetere, all’ombra della grande rupe su cui si sviluppa Orvieto. Si era nella campagna di scavo 2022, quando, uno dopo l’altro, dal pozzo gli archeologi avevano portato alla luce decine e decine di brocche e altri vasi in ceramica medievale, bellissimi e spesso perfettamente integri.
GUARDA LA PRIMA PARTE DEL VIDEO-REPORTAGE SU CAMPO DELLA FIERA A ORVIETO:
A un anno di distanza, nell’agosto 2023, il professor Danilo Leone, con il suo team dell’università di Foggia, ha potuto dichiarare la conclusione dello scavo del pozzo, non appena gli esperti archeo-speleologi di ASSO (Archeologia Subacquea, Speleologia, Speleologia) hanno “mandato su” l’ultimo carico di reperti, a ormai 11,15 metri di profondità di scavo tra acque e fango, con l’aiuto costante di assetate idrovore. A questo punto però, i già capienti depositi di Campo della Fiera, il sito archeologico diretto dalla professoressa Simonetta Stopponi, si erano ulteriormente affollati di una sorta di incredibile catalogo di migliaia di reperti, soprattutto maioliche databili tra il XIII e il XV secolo, con i loro smalti ancora risplendenti, indagate con rigoroso metodo stratigrafico.


Quella che è stata identificata come la chiesa di San Pietro in vetere altro non è che l’ultima fase cronologica di un luogo assolutamente straordinario, Campo della Fiera, che ha mantenuto per oltre due millenni il suo ruolo di sacralità, andando a ritroso alle origini del Cristianesimo, poi al sincretismo dei Romani e, soprattutto, alla straordinaria stagione del grande santuario delle 12 città etrusche, il Fanum Voltumnae, finalmente identificato come tale dopo secoli di ricerche dagli scavi portati avanti con costanza e capacità scientifica, a cominciare dall’inizio del XXI secolo. Quindi nello stesso luogo si possono trovare la grande Via Sacra, tre importanti templi, o meglio recinti sacri con altari del santuario federale degli Etruschi, il centro della loro religiosità; poi l’inizio della strada antica Orvieto-Bolsena, gli impianti termali dei romani, una grande domus di ostentato lusso del potere di Roma, la trasformazione in aula di culto cristiana di una parte dello stesso edificio, un’area cimiteriale di VI-VII secolo e infine, tra il XII e il XIII secolo, un’altra struttura ecclesiastica, la San Pietro che ormai abbiamo incontrato con il suo convento e il suo ormai celebre pozzo.


Il sigillo del re di Francia
Nello scavo del pozzo, sorpresa tra le sorprese, è da pochi giorni stato rinvenuto un importantissimo sigillo in bronzo dorato. È spezzato in quattro, volutamente, per de-funzionarizzarlo, ma accostando le parti appare integralmente ricostruibile, con la figura di un sovrano in trono e i simboli del potere. Si tratta, per i primi confronti fatti dagli studiosi, del sigillo del re Filippo IV il Bello, sovrano di Francia (1285-1314), ben noto nella storia per il suo scontro con Bonifacio VIII e lo “schiaffo d’Anagni”, l’inizio della cattività Avignonese e lo smantellamento dell’ordine dei Templari. Insomma, un sigillo per documenti di altissimo rango, che fa venire in mente molti episodi in cui un suo Guardasigilli o un alto funzionario poteva avere avuto un ruolo importante. Cosa ci facesse in fondo a un pozzo alle porte di Orvieto sarà indubbimente un’affascinante materia di studio.
Nel frattempo però il pozzo ha restituito molto materiale ordinario e meno ordinario, una moneta d’argento del papa Borgia, strumenti di lavoro quotidiano, e, naturalmente, l’enorme quantità di ceramiche, spesso intatte e ancora rilucenti dei colori della ceramica di Orvieto, nei disegni geometrici, nelle rappresentazioni umane, sacre, di animali, di creature fantastiche. Non manca praticamente nulla della filiera produttiva: ci sono gli errori di produzione, molti vasi allo stato di biscotto (quindi a uno stadio intermedio del lavoro), un’intera serie di vasi neri di fumo per una gestione non perfetta della fornace, scarti di lavorazione…
Come sono finite nel pozzo le ceramiche integre?
Ma perchè molti di questi vasi, integri, sono finiti nel pozzo? La risposta è complessa. La più diretta è quella degli errori di produzione, che semplicemente finivano giù, buttati via. Un’altra risposta riguarda le misure di contrasto alle epidemie, in particolare a quella della peste della metà del XIV secolo: tutto ciò che era ritenuto “contaminato” doveva essere scartato, e così accadde a parte del materiale del pozzo e alla stessa struttura, che venne smantellata. Persino la vera venne buttata in acqua, quasi a sigillarne l’apertura. Ci sono numerose prove archeologiche di un altro caso – molto comune – ossia della perdita dell’oggetto. Molti sono vasi che erano utilizzati per attingere l’acqua in un sito molto frequentato, luogo di mercato: il Campo della Fiera, appunto. Il pozzo era stato riattivato per queste attività pubbliche dopo la peste, e ha restituito le catenelle e le corde spezzate, che erano legate alle anse delle brocche. Insomma, queste – nei decenni – “restavano giù”, nonostante ci fossero stati anche tentativi di recuperare gli oggetti con l’ausilio di una “volpara”, uno strumento con ganci utilizzato nei pozzi proprio in questi casi. e anche la volpara, manco a dirlo, finì tra i futuri reperti.
Dal pozzo, quindi, emerge uno spaccato di vita del medioevo di Orvieto e del suo contado, in contatto con il flusso di contadini, allevatori, artigiani e, talvolta, viaggiatori che magari avevano modo di frequentare ben altre parti di mondo, a cominciare dalle cancellerie imperiali o papali.
Un pozzo-catalogo, un pozzo-archivio ma, soprattutto, un pozzo in cui scrutare il passato, nell’acqua che – esaurito il compito delle idrovore e quello degli archeologi tra il fango e i cocci – è tornata come quando, durante la fiera, veniva attinta da una di quelle magnifiche brocche dai colori tenui.
Note sugli scavi di Campo della Fiera di Orvieto
Per informazioni qui il link al sito Campo della Fiera
Simonetta Stopponi
già ordinario di Etruscologia
Direttrice dello scavo di Campo della Fiera
Danilo Leone
professore di Metodologia della ricerca archeologica
Università di Foggia
Marco Cruciani
Archeologo
Associazione Campo della Fiera Onlus
Silvia Simonetti
Archeologa
Associazione Campo della Fiera Onlus
Luca Millo
Archeologo
Vincenzo Valenzano
Archeologo, Università di Foggia
Giovanni Vergineo
Archeologo
Documentazione fotografica con drone
Vincenzo Danese, Università
di Foggia.
Si ringraziano per le foto del pozzo ASSO Archeologia, Subacquea, Speleologia, Organizzazione, Associazione del Terzo settore
Ricostruzioni di Mattia Sbrancia
FORSE PUÒ INTERESSARE ANCHE: