di Valeria Di Cola*
Grazie ad una proroga recentemente accordata, fino al 7 gennaio 2024 sarà possibile visitare la mostra “Patrimonium Appiae. Depositi emersi” al Parco Archeologico dell’Appia, presso la tenuta di Santa Maria Nova compresa all’interno dell’area archeologica della villa dei Quintili.
Ancora per tutta l’estate e fino al prossimo inverno, quindi, avrete l’opportunità di vivere un’esperienza di archeologia animata da molteplici suggestioni.
A casa dei fratelli Quintili
Ecco la prima suggestione: passeggiare per la più grande villa suburbana di Roma dell’epoca di Antonino Pio, il secolo d’oro dell’impero. Se non l’avete mai vista prima d’ora, la Villa dei Quintili vi sorprenderà per la sua posizione panoramica su un pianoro vulcanico, tra le antiche vie Appia e Latina (oggi via Appia Nuova); per la sua maestosa mole architettonica, le magnifiche decorazioni marmoree e le eminenti rovine dell’impianto termale privato ad uso degli ospiti, sulla villa dei Quintili, costruita ampliando una preesistente dimora, avrebbe messo gli occhi l’imperatore Commodo, il quale, eliminati i due fratelli, avrebbe preso possesso della casa.
Gran parte degli arredi marmorei appartengono probabilmente a questa fase, e parte del corredo di suppellettili preziose è stato prelevato dai magazzini della Soprintendenza e allestito nella mostra “Patrimonium Appiae. Depositi emersi”: un motivo in più per cominciare il vostro itinerario di visita direttamente dalla Villa recandovi alla biglietteria situata in via Appia nuova, 1092.
Un cimitero monumentale “truccato”
La seconda suggestione che vi propongo è l’archeologia funeraria della via Appia, altro tema che avrete modo di visualizzare dal vivo nell’area archeologica della Villa dei Quintili e che potrete poi approfondire nel percorso della mostra. La prima e principale funzione della via Appia, dopo quella di via di comunicazione, era infatti funeraria: un cimitero monumentale a cielo aperto del quale, nel tratto prospiciente la villa dei Quintili, è ancora oggi possibile ammirare sepolcri monumentali di vario tipo. Molto evidenti, benché spogliati di tutto il rivestimento in pietra e marmo, sono i sepolcri a torre, dei quali potrete in ogni caso apprezzare la massa cementizia ancora perfettamente in piedi sul ciglio della strada.
E se ciò non bastasse, varrà la pena, nell’arco della vostra visita, portare lo sguardo dall’altro lato della strada, in corrispondenza di un antichissimo e sacro limite che gli antichi chiamarono Fossae Cluiliae, situato all’incirca al V miglio dell’Appia. Noterete la presenza di due tombe a tumulo, cioè sepolcri ispirati alla tradizione costruttiva etrusca che a Roma ebbero un importante revival al tempo di Augusto, quando il potere della sua propaganda politica era stato volutamente radicato alle origini etrusche di Roma.
Quei due tumuli, quindi, tutt’altro che anonimi, secondo recenti ricerche sono stati datati all’età augustea e addirittura ne è stata documentata una sorta di traslazione. Come a dire che in età augustea, forse rimaneggiando tombe più antiche presenti in loco, sia stato creato a tavolino il mito delle tombe degli Orazi e Curiazi, opportunamente citati da Livio – autore augusteo – nella sua opera storica finalizzata a ricostruire le origini della città romulea. Insomma, l’archeologia ha dimostrato con l’evidenza materiale qualcosa che a suo tempo Filippo Coarelli aveva intuito: la propaganda augustea fu talmente audace e articolata da “produrre” materialmente le prove di quanto era necessario credere che fosse accaduto. Naturalmente, per giustificare il suo potere eccezionale e renderlo inappellabile in quanto ancorato alla Storia.
Di tutto questo vi è traccia anche nelle sale della mostra “Patrimonium Appiae. Depositi emersi”, attraverso un focus sullo scavo dei tumuli e l’esposizione di alcuni reperti emersi durante le indagini.


Un luogo incontaminato dalla Preistoria a Brigitte Bardot
La terza suggestione è l’esplorazione di un luogo praticamente incontaminato. Avrete la possibilità di trascorrere un tempo davvero piacevole in un paesaggio stratificato così come, tra l’età medievale e la metà del Novecento deve essersi configurato seguendo un ritmo lento, lentissimo. La mostra “Patrimonium Appiae. Depositi emersi” è infatti allestita all’interno di un complesso archeologico noto come “casale di Santa Maria Nova”, nome attribuito in età medievale ad un frammento del paesaggio agreste della via Appia di proprietà della chiesa di Santa Maria Nova sul Palatino. Qui si installarono i monaci olivetani provenienti dal senese, per amministrare quello che nei documenti medievali si chiamava appunto “patrimonium Appiae”. Terreni agricoli, adibiti alla coltivazione ma anche al pascolo, un fontanile, una torretta tardoantica diroccata, costruita nel VI secolo sui resti di una possente cisterna d’acqua di età imperiale, costituisce il nucleo originario di un fortilizio medievale. La tecnica costruttiva in cui è realizzato, tutta fatta di blocchetti squadrati di peperino – la stessa che avrete notato al “Castrum Caetani” datata 1303 – guiderà i vostri occhi nella comprensione della originaria estensione di questa residenza fortificata immersa nella Campagna Romana, dove fin dal XIV secolo si installa un gruppo di monaci posti a guardia della proprietà ecclesiastica.
Come accade in molte altre realtà agricole, strutture del genere hanno vita lunga. E infatti questo è il destino della ex cisterna, poi torretta-fortilizio: diventare un casale, nella forma, restando sempre nella sostanza un presidio e un luogo di amministrazione di una parte del territorio della via Appia. E così il casale è giunto alla metà del Novecento, quando entra in possesso di un cineasta che, secondo i racconti degli abitanti del quartiere Statuario – all’epoca dei bambini curiosi – avrebbe ospitato assiduamente la meravigliosa Brigitte Bardot.
Archeologia di un paesaggio millenario
Di tutto questo si racconta nella mostra “Patrimonium Appiae. Depositi emersi”, ma anche di molto altro. Il tema chiave è l’archeologia territorio entro i confini amministrativi del Parco Archeologico dell’Appia. E con uno sforzo non da poco, i curatori hanno voluto far passare il concetto che la via Appia non è soltanto la via delle ville abusive o dei monumentali mausolei divenuti famosi, ma è un grande e complesso contesto stratificato, abitato fin dalla Preistoria e vissuto, a fasi alterne e in modi diversi, fino a oggi. E a ben vedere la via Appia non è sola in questa vicenda, in quanto, seppur divenuta l’asse stradale principale, storicamente e ideologicamente, era ed è fiancheggiata da altre due strade altrettanto significative: la via Ardeatina, a ovest, e la via Latina, a est. Ognuna di esse ha offerto l’occasione di riesaminare la densità e la materialità della presenza umana nel corso dei secoli, e ognuna di esse è, quindi, parte attiva della narrazione storica.
Il percorso della mostra è ben organizzato e articolato seguendo, appunto, i tre tracciati, con – ovviamente – una differente densità di ritrovamenti e reperti. I colori attribuiti alle tre strade vi guideranno nelle varie sale aiutandovi a riconoscere da dove provengono i reperti esposti. E il valore aggiunto di questa esposizione è l’aggiornamento: anche i recentissimi scavi effettuati nell’area antistante il Mausoleo di Cecilia Metella – e che hanno conquistato il pubblico social con il “diario di scavo” quotidiano – sono per la prima volta raccontati attraverso le ultime scoperte archeologiche.
Un ulteriore merito dei curatori è quello di aver predisposto diversi supporti didattici per la diffusione delle informazioni. Oltre al percorso espositivo con i reperti e i classici pannelli didascalici, è stato elaborato un coinvolgente video che racconta la storia di questo grande contesto dall’attività vulcanica preistorica fino al trionfo del Cinema italiano. E se non bastasse, un corposo catalogo scaricabile gratuitamente, denso di contributi scientifici sia analitici dei singoli contesti, che di sintesi, supporta gli esperti e i desiderosi di approfondimenti.
Non c’è motivo, dunque, di non approfittare della proroga fino al 7 gennaio 2024 per andare a vedere la mostra “Patrimonium Appiae” e la vicina Villa dei Quintili sulla via Appia: sarà un’occasione unica per entrare nel vivo dell’archeologia del paesaggio della Regina Viarum. E chissà che non ci saranno ulteriori novità da assaporare…
“Patrimonium Appiae. Depositi emersi”, a cura di Francesca Romana Paolillo, Mara Pontisso, Stefano Roascio, Parco Archeologico dell’Appia antica.
*Valeria Di Cola è archeologa, Phd e ricercatrice indipendente
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