Le periferie urbane rappresentano una delle espressioni architettoniche, economiche, culturali, sociali e urbanistiche più importanti del nostro tempo. Riflettono una componente estremamente rilevante di quel processo di progressiva urbanizzazione che ha contraddistinto la nostra storia recente, e che, con ogni probabilità, continuerà a contraddistinguere la nostra vita sociale nell’immediato futuro.
Nonostante siano parte integrante del nostro sistema sociale, economico e culturale, soltanto raramente si riconosce a tali appendici urbane la valenza, anche storica, che esse iniziano ad acquisire.
Non si tratta soltanto di intervenire attraverso processi di riqualificazione urbana: si tratta di riconoscere a tali quartieri una storia e un’archeologia che spesso viene trascurata.
Si tratta di insediamenti urbani spesso più risalenti delle espressioni che oggi sono oggetto di interesse dell’archeologia industriale.
Definirne la storia, le evoluzioni nel tempo, ed agire nel riconoscere le espressioni tangibili di questi cambiamenti, potrebbe generare degli effetti positivi e agire da leva di miglioramento.
La ricerca di una storia, di un elemento identitario con il quale dialogare, rappresenta una pratica piuttosto frequente in tutto il mondo e in pressoché molta parte della “storia” dell’umanità.
Tutte le nostre città sono immolate al passato glorioso, che tutelano, conservano ed inneggiano. Ne fanno eccezione le periferie, la cui narrazione è invece schiacciata in un eterno presente. Si è oggi. Qui. Si parla di cronaca e di anti-cronaca (tutte le attività che si compiono per fare in modo che i fatti di cronaca divengano sempre meno frequenti in un dato quartiere).
Si intrattengono discorsi sul futuro, si approfondiscono prospettive, opportunità. Ma non c’è una linea del tempo che serva come punto di riferimento. Miglioreremo rispetto ad oggi. Lottiamo per un quartiere in cui non si debba più aver paura. In cui ci siano servizi. Di cui essere fieri di esserne parte.
Le retoriche si sovrappongono. Cambiano, a seconda dell’ideologia più diffusa, il nemico e i toni.
Non cambia invece la condizione essenziale, l’ora contro il poi. Il noi contro il loro. Lontani o vicini che siano.
Raccontare la storia delle periferie delle nostre città. Valorizzarne l’archeologia, i resti, i reperti, i segni materiali che sono testimoni di un cambiamento. Definire un nucleo di appartenenza, che non ceda alla tentazione edulcorante né che ecceda in esasperazioni da Romanzo Criminale o Gomorra.
Raccontare la storia di persone che hanno segnato un modo di vivere quel territorio, raccogliere le testimonianze, identificare le piccole e grandi evoluzioni che si sono succedute negli anni.
Restituire, a questi territori complessi che troppo spesso sono vittime di semplificazioni giornalistiche, la corretta stratificazione, l’impianto narrativo di base da cui far emergere le narrazioni contemporanee.
Potrebbe essere, in fondo, un nuovo punto di partenza
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