I nuovi scavi a Pompei – già anticipati dal direttore Zuchtrieger – riguardano la Regio IX. Si tratta di quelle zone del tutto inesplorate che sono ai margini del progetto di tutela e manutenzione dei fronti di scavi del Parco archeologico. Insomma, per mettere in sicurezza la parte ancora non scavata da crolli e smottamenti, ricordiamo che parliamo di altezze notevoli, si rettificano alcune aree, e quindi vengono scavate con tutte le possibilità scientifiche e interpretative offerte dall’archeologia contemporanea. Stiamo parlando di un’area vasta quasi quanto un isolato della città, per circa 3.200 mq. Conviene a questo punto ricordare è che la parte non scava di Pompei si aggira attorno a 22 ettari,oltre il 30% della città sepolta dall’eruzione del 79 d.C.
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Il primo obiettivo, quindi, è salvare da crolli e infiltrazioni d’acqua quella parte dello scavo che confina con ciò che resta da scavare, e, già che si è operativi, si svolgono scavi molto preziosi nelle zone diciamo “di confine” Oltre agli archeologi più, classici, e nel caso di Pompei il termine è appropriato, si vedono all’opera anche gli archeobotanici, vulcanologi, sismologi, numismatici, architetti, ingegneri e geologi. Tutti concentrati per raccogliere elementi utili per aumentare la conoscenza della città e dei suoi abitanti, vita, aspirazioni, ambiente e, purtroppo, anche la loro fine
Cosa ci raccontano dal Parco di Pompei di questi ultimi ritrovamenti?


Lo riportiamo con le loro parole:
Ci sono due case ad atrio, già parzialmente indagato nell’800, costruite in età Sannitica e trasformate nel I secolo d.C. in officine produttive. Una fullonica (lavanderia) impiantata nell’atrio dell’abitazione al civico 2, con banconi da lavoro e vasche per il lavaggio e la tintura degli abiti e di un panificio con il forno, gli spazi per le macine e gli ambienti per la lavorazione e la creazione dei prodotti alimentari da distribuire in città.
Nell’atrio sono riemersi due cubicoli affrescati con scene del mito: Poseidone e la giovane Amimone nel primo, Apollo e Dafne nel secondo. Nel primo dei due ambienti si conservano le tracce del mobilio carbonizzato a causa di un incendio. Poi i resti ossei di tre vittime dell’eruzione, pompeiani che si erano rifugiati in cerca della salvezza e che hanno invece trovato la morte sotto i crolli dei solai.
Le prime indagini antropologiche indicano due individui pienamente adulti, probabilmente donne e di un bambino di età approssimativa intorno ai 3-4 anni. Gli individui sono stati ritrovati in un ambiente già scavato, dove erano rimasti solamente 40 cm. di stratigrafia intatta. Chiare le fratture dovute al crollo del solaio soprastante, i cui frammenti erano frammisti a lapilli pomicei bianchi, che caratterizzano le prime fasi dell’eruzione pliniana del 79 d.C. a Pompei.
Scoperte archeologiche a Pompei, due vittime e l’ambiente crollato all’Insula dei Casti Amanti