sabato 3 Giugno 2023

Paradigmi che stancano: archeologia e turismo

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In occasione di una recente conferenza stampa, commentando la firma di un protocollo d’intesa con l’assessorato alla cultura della Regione Sicilia in materia di archeologia subacquea, il nostro ministro della cultura, Sangiuliano, ha dichiarato: “Valorizzare l’archeologia subacquea significa riconsiderare tutta la nostra storia, oltre a creare grandi opportunità di sviluppo turistico e culturale che è una parte importante del nostro futuro socio-economico”.

Affermazione, questa, che ancora una volta ribadisce la declinazione turistica della visione di cultura del nostro attuale ministro. Declinazione che, per intenderci, affonda sicuramente in radici solide, ma che rischia di mettere in secondo piano tutta una serie di effetti positivi che, se non bene inquadrati dal punto di vista strategico, rischiano di essere ben inferiori alle effettive possibilità.

Sicuramente la valorizzazione culturale, dall’archeologia all’arte contemporanea, è una dimensione che dialoga in modo significativo con il turismo, ma le ricadute positive, tanto in ambito economico che sociale, che la cultura, e ancor più l’archeologia, possono generare sul territorio, non di certo si inscrivono esclusivamente all’interno dei flussi economici portati dai turisti. In genere, questa tipologia di riflessione si conduce facendo riferimento ad una dimensione macroscopica: l’importanza della cultura viene quindi affiancata all’importanza di una crescita individuale e collettiva della cittadinanza, all’affermazione di un sistema identitario globale, alle ricadute che la cultura genera all’interno dell’economia attraverso le connessioni anche con gli altri sistemi produttivi.  Riflessioni, queste, senz’altro importanti, e che è sempre necessario condividere, ma che vanno anche affiancate a riflessioni forse più semplici, ma che permettono anche di valutare la cultura nelle sue dimensioni più concrete e demistificate.

Avventurandosi senza timore nel territorio dell’ovvio, c’è un modo molto semplice per chiarire questi concetti. Si pensi ad un’area archeologica qualunque, in un comune qualunque del nostro Paese. Non al Colosseo, e nemmeno all’Arena di Verona. Si pensi più in piccolo, ad un comune dell’entroterra, un paesino rurale, di quelli che siamo abituati a costeggiare quando non prendiamo l’autostrada. Ebbene, in quel piccolo paesino rurale, pochi abitanti, perfetto scenario da passeggero lato finestrino, c’è un’area archeologica. E il valore di quei resti, al netto di visitatori, turisti, impatti economici, nuove imprese, eventi all’aperto, gite scolastiche, corrisponde al valore che i cittadini riconoscono a quell’area. Un valore “relazione”, per niente assoluto.

Niente di più semplice ovvio e banale, ma non per questo molto distante dal vero. Se i cittadini di quel comune ritrovano in quell’area archeologica un elemento di valore, allora quell’area archeologica avrà delle influenze sulle loro vite che magari non possiamo misurare, ma non per questo possiamo negare.

Il territorio in cui vivono avrà quindi un valore aggiunto che altrimenti non avrebbe. È importante trovare lo stimolo intellettuale per superare lo strato di ovvietà di queste affermazioni per sviluppare una concreta consapevolezza di cosa significhi realmente al di là di tutto il misurabile vivere in un luogo che ha una storia tangibile, e in un contesto sociale che, a tale luogo, conferisce importanza.

Perché nel nostro Paese non si fa altro che ribadire l’importanza culturale, storica e artistica dell’Italia, ma poi sono davvero poche le persone che la conoscono. Non si fa altro che affermare che l’Italia potrebbe vivere di solo turismo, senza comprendere che ciò ci trasformerebbe in un parco giochi internazionale. Non si fa altro che vantarsi di quanti patrimoni UNESCO siano in Italia, ma poi sono in pochissimi a dire quali siano.

L’aspetto economico della cultura è essenziale. È la dimensione attraverso la quale si può davvero dare sostenibilità alle attività culturali, farle crescere nel tempo ed innescare nuove dinamiche culturali e sociali.

Ma l’aspetto economico è sostanzialmente strumentale. E se iniziamo a far coincidere la rilevanza di un’area archeologica con il numero di turisti che riesce ad attrarre commettiamo un errore di valutazione enorme.

Noi italiani, in pratica, siamo come un ragazzo di 20 anni che riceve una cospicua collezione di libri da un lontano parente. Possiamo scegliere se riteniamo più arricchente vendere quei libri su e-bay, senza nemmeno conoscerne il valore, o se invece sia quantomeno importante leggerli, prima. Si tratta semplicemente di visioni. Siamo noi a decidere quale opzione ci arricchisca. Davvero.

Un libro per comprendere la comunicazione dell’archeologia: “Ritessere e Raccontare” di Silvia Pallecchi

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