Apparve in un giorno di gennaio del 1804, quando negli Orti Bonavia, dove è ora l’ospedale di Siracusa, Saverio Landolina – Regio Custode delle Antichità – poté metterla in collezione tra le più ammirate sculture classiche di una delle più note città dell’antichità.
È la Venere Landolina, una Venere Anadiòmene, ossia nascente dalle acque”. Si trova al Museo archeologico Paolo Orsi. La copia di gran pregio è del II secolo d.C., sulla base di originali ellenistici che, a loro volta, si rifacevano proprio a Preassitele, che per primo rappresentò Afrodite completamente nuda. La copia probabilmente fu eseguita da un originale da Rodi, o dall’Asia Minore e s’ipotizza che la sua collocazione finale fosse il ninfeo di un importante edificio termale.

La torsione del corpo è tipicamente ellenistica, il manto è abilmente lavorato nel marmo di Paro per essere gonfiato dal vento del mito. Trattenuto solo dalla mano, nella tipologia della Venere pudica. Gli storici dell’arte evidenziano il chiaroscuro del manto in contrasto con le nudità sapientemente levigate. Non manca neppure il delfino, che lega la dea al suo mare Che sia rimasta a Siracusa è una fortuna: il governo borbonico la voleva altrove, a cominciare da Palermo: gli appetiti dei viaggiatori del Gran Tour in Inghilterra o in Francia
Guy de Maupassant aveva scritto di lei:
“Varcando la soglia del museo, la scorsi in fondo una sala, bella come l’avevo immaginata. Le manca la testa, non possiede un braccio; eppure, giammai una figura umana mi è apparsa più stupenda e fascinosa. Non è la donna secondo i poeti, la donna idealizzata, la donna divina e maestosa, come la Venere di Milo, è la donna tale come è, come la si ama, come la si desidera, come la si vuole stringere”.
L’origine e la storia della trowel, strumento-icona dell’archeologo: altro che cazzuola!
Anadiomene vuol dire che si veste, non che escebdslle acque
Scusate per prima, anadiomene vuol dire che emerge