sabato 3 Giugno 2023

La gratuità della cultura non è la soluzione

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C’è un tema che, con cadenza pressoché regolare, ritorna prepotentemente all’interno del dibattito pubblico in tema di cultura, e vale a dire la presunta importanza della gratuità di musei e parchi archeologici. Si tratta, evidentemente, di un tema ozioso, che tuttavia è opportuno affrontare per differenti motivazioni, prima tra tutte la posizione per certi versi opposta che il nostro attuale ministro della cultura Sangiuliano ha espresso al riguardo.

Il ministro, infatti, si trova a dover dibattersi tra le domeniche al museo e la volontà di incrementare il flusso di cassa dei luoghi della cultura, tra rendere il Pantheon a pagamento e la posizione di Sgarbi, che è invece molto più affine alla visione per cui entrare in un museo debba essere sempre gratuito.

Si fa evidente difficoltà a comprendere quali debbano essere le concrete e non ideologiche ragioni per cui un museo debba garantire l’accesso gratuito a tutti. Ancor più in un Paese in cui quasi tutti i servizi pubblici prevedono un parziale contributo da parte dei cittadini.

Soprattutto, si fa fatica a comprendere il nesso tra gratuità e volontà di cultura, in una nazione che, di per sé, spende una buona quantità di denaro in altre leisure activities o in acquisti non necessari. Ancora, si fa fatica a comprendere l’impellenza di dover rendere gratuiti i musei quando molti musei nella nostra penisola sono gratuiti eppur vuoti.

La posizione può essere di tipo sloganistico, prima che ideologico.

Cerchiamo di definire meglio la questione: tutti ritengono importante che gli italiani partecipino di più alla vita culturale del Paese; tutti ritengono che i nostri musei debbano essere maggiormente valorizzati, non soltanto in termini di quantità di visitatori ma anche in termini di qualità della visita; tutti, infine, ritengono che la cultura, la nostra storia e la nostra archeologia debbano rappresentare una base identitaria forte per il nostro Paese.

Per evitare commenti al margine, si ritiene opportuno in questa sede escludere dalla riflessione qualsivoglia ulteriore tematica, come ad esempio le riflessioni di natura economica. Ciò per liberare il campo da posizioni diversificate che tuttavia non correlano con il tema.

Sebbene infatti la questione gratuità dei musei sia, e rimanga, una questione non solo economica ma monetaria, di questa questione si intendono approfondire dimensioni che non attengono all’economia, ma al rapporto tra musei e cittadini.

Una delle motivazioni principali che sono alla base delle riflessioni di chi sostiene l’importanza della gratuità dei musei è che la cultura, essendo un aspetto fondante dell’ “essere cittadini”, dovrebbe essere fruita da tutti, senza che questo incida sul reddito delle famiglie. Si tratta senza dubbio di una motivazione coerente, che però comporta una presa di posizione brutale nei riguardi della cultura che spesso viene posta in secondo piano.

Quando si “compra” un servizio si fa quasi sempre un rapporto tra la quantità di denaro richiesta per l’acquisto e il beneficio che presumiamo di trarre da tale acquisto.

Ciò significa che se riteniamo, ad esempio, che andare dal parrucchiere per poterci fare lo shampoo rappresenti per noi un valore aggiunto (in termini di benessere) che supera il costo che dobbiamo sostenere, tenderemo ad usufruire di tale servizio.

Se invece riteniamo che tale costo esuberi il beneficio che è possibile trarne, tenderemo a non frequentare tali saloni di bellezza.

Quando si sostiene che la cultura deve essere gratuita, in qualche modo, si implica che i cittadini tendono ad attribuire a tale fruizione un basso valore in termini di benefici, messaggio che in ogni caso tende a “svalutare” l’importanza che la cultura riveste nella costruzione della nostra società.

Tale concetto può essere chiaramente sofisticato in tantissimi modi, ma sostenere che i musei debbano essere gratuiti inevitabilmente comporta anche questo tipo di considerazione. Se tutti i cittadini ritenessero che visitare un museo valga, ad esempio, più di una cena fuori, ci sarebbero più ristoranti vuoti e più musei pieni.

Ma non si tratta soltanto di un concetto di “trade-off” e vale a dire di confronto tra due tipologie di fruizioni disponibili, perché sostenere la gratuità dei musei ha poi un’altra implicazione, di cui bisogna tener conto.

Il messaggio che viene fornito ai cittadini è: visitare i musei è importante per la nostra società, e noi premiamo chi intende frequentare tali musei, perché così facendo contribuisce all’accrescimento della società e alla valorizzazione dell’individuo.

Così facendo, però, si cade in una fallacia ben documentata su adulti e bambini: quella in cui la ricompensa riduce la motivazione.

Uno degli studi più famosi al riguardo è stato condotto su dei bambini in età prescolare a cui piaceva disegnare: divisi in gruppi e promettendo ad uno solo di essi di ricevere una ricompensa, è stato osservato che l’unico gruppo di bambini che ha ridotto il tempo medio trascorso a disegnare fosse proprio il gruppo su cui era stata adottata la formula della ricompensa. Ciò che prima quei bambini facevano con piacere ora è meno divertente, meno appagante, perché privo di un elemento aggiuntivo (il piacere stesso).

Visitare un museo, per quanto importante dal punto di vista aggregato è, e deve essere, un piacere auto-conclusivo. Vado al museo perché ho piacere a farlo e non perché così contribuisco alla mia collettività.

Quando invece si pone l’accento non più sul beneficio individuale ma sull’interesse collettivo, si trasla anche la motivazione dell’individuo, generando una condizione che quindi giustifica una ricompensa.

Probabilmente non il miglior modo per promuovere una tipologia di fruizione che, senza l’adeguata auto-motivazione, è difficile possa realmente generare quel cambiamento individuale che tanto si auspica avvenga.

Esistono numerose riduzioni, gratuità, possono essere creati molti modi per facilitare soprattutto la frequenza di visita da parte dei cittadini (come abbonamenti annuali o mensili). Bisogna tener conto delle esigenze economiche delle persone e delle famiglie e fare in modo che frequentare la cultura, per proprio piacere, non risulti proibitivo. Bisogna farlo, però, cercando di tutelare il piacere individuale, che è condizione necessaria per il resto.

Eppure, arrivare quasi a comparare la fruizione dei musei ad un dovere civico (bisogna andarci per creare una migliore società) o stipare i visitatori in musei iper-affollati delle domeniche al museo sembrano azioni che non sembrano andare in questa direzione.

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