sabato 3 Giugno 2023

Firenze, restauri a San Miniato: importanti interventi di tutela di Friends of Florence

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L’abbazia di San Miniato al Monte, a Firenze, può continuare a contare su importanti interventi di restauro grazie all’impegno di Friends of Florence, la fondazione americana che si concentra da un quarto di secolo nell’indirizzare ricche donazioni verso la tutela del patrimonio culturale della Toscana in generale e del suoi capoluogo in particolare.
Gli ultimi interventi, realizzati ai massimi livelli professionali con la supervisione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le Province di Pistoia e Prato, hanno interessato l’abside con i suoi marmi e il mosaico nel catino, l’altare e il Cristo Crocefisso di terracotta invetriata, il pulpito e la transenna, il busto reliquiario di San Miniato (vincitore della V edizione del Premio Friends of Florence Salone dell’Arte e del Restauro di Firenze organizzato dalla Fondazione in collaborazione con il Salone omonimo).

L’Abate di San Miniato al Monte Padre Bernardo Gianni non lesina le lodi per l’interventoCome è ineffabile lo stupore generato dalla contemplazione della bellezza del mosaico bizantino e degli altri preziosi apparati in marmo che anticipano qui in terra qualcosa dello splendore della Gerusalemme Celeste, così è davvero altrettanto difficile per noi trovare sillabe adeguate per esprimere la gioia, la gratitudine e l’ammirazione della intera comunità monastica di San Miniato al Monte di fronte al concorso di amore, competenza, dedizione e soprattutto disinteressata generosità che hanno reso possibile l’impresa condotta adesso a termine, sotto lo sguardo scrupoloso e partecipe della Sovrintendenza fiorentina e in particolare della dottoressa Maria Maugeri, da maestranze che con insonne passione hanno restituito questo capitolo fondamentale dell’arte e dell’architettura di Toscana al suo sorgivo nitore, che così continua. Desiderio ringraziare in modo tutto speciale e con perenne e orante memoria l’impegno straordinario e costante dei Friends of Florence per la salvaguardia del patrimonio millenario di San Miniato al Monte e, con una intensità tutta speciale, quello davvero eccezionale della famiglia Simon che dona a Firenze e al mondo intero tanta ritrovata meraviglia”.


Simonetta Brandolini d’Adda, presidente di Friends of Florence ricorda la costanza dell’mpegno: “San Miniato è da sempre nel cuore di Friends of Florence: è di pochi anni fa il sostegno ai restauri del Tempietto e della Cappella del Cardinal di Portogallo. Questi nuovi interventi permettono di apprezzare e vivere nel profondo la bellezza che l’Abbazia dona a chi vi entra per pregare, per conoscere, per ammirare. I restauri consentono di restituire alla comunità di tutto il mondo, un patrimonio d’inestimabile valore fatto di dettagli che finalmente tornano visibili e arricchiscono una narrazione che potrà essere raccontata per gli anni a venire. Ringrazio a nome della nostra fondazione la Dott.ssa Maria Maugeri funzionaria della Soprintendenza ABAP di Firenze che ha diretto i lavori, l’Abate Padre Bernardo Gianni e la Comunità dei monaci di San Miniato al Monte per aver accolto l’intervento di restauro, e tutto il team di restauratori che sono intervenuti sulle opere assicurando a tutti noi e alle future generazioni di persone la fruizione di questi capolavori. E infine un grazie speciale va alla nostra consigliera Stacy Simon che ha scelto di sostenere il restauro in memoria di suo marito Bruce: è proprio attraverso il suo dono che abbiamo potuto realizzare l’intero progetto di restauro”.

“Un intervento minuzioso e approfondito che ha richiesto grande impegno e passione: poter ammirare in tutta la sua bellezza queste parti restaurate dell’Abbazia è un vero e proprio dono alla città e questo è il risultato straordinario di un grande lavoro di squadra. – afferma la vicesindaca e assessora alla Cultura Alessia Bettini Non possiamo che dire grazie a Friends of Florence che da sempre sostiene il patrimonio artistico e monumentale fiorentino. Un esempio di generosità, cittadinanza attiva, amore per Firenze e per l’arte e la cultura”.  

La Soprintendente Antonella Ranaladi  ritiene che il restauro permetta di “apprezzare molto di più e meglio l’intera area presbiteriale, lo spezio sacro della preghiera riservato alle celebrazioni e ai monaci, sopraelevato dall’aula e ricchissimo di opere insigni.Le transenne, il pulpito, il Crocefisso, il Busto di San Miniato, gli affreschi e gli splendidi mosaici sono stati restaurati e studiati da eccellenti specialisti. Nel mosaico si sono riconosciute le parti originali dove grandeggia proprio il volto di Cristo, risalente al 1270 circa, dai rifacimenti e restauri successivi tra cui quelli estesi ottocenteschi. Inoltre si può apprezzare la varietà dei materiali, le modalità di esecuzione di artisti e maestranze. Sono opere che erano corali e tornano a essere corali nel restauro compiuto, grazie al contributo di specialisti eccellenti e all’attenzione e alla generosità di Friends of Florence che conferma qui in San Miniato il suo amore per Firenze”
Il Cristo crocifisso dopo il restauro a San Miniato al Monte, Firenze
I restauri nelle note di Maria Maugeri, già funzionario storico dell’arte della Soprintendenza ABAP e direttrice dei lavori:

I restauri che oggi qui presentiamo rappresentano l’ultima tappa di un percorso iniziato nel 2017 con il restauro della Cappella del Crocifisso e dei suoi arredi, sotto la direzione di Daniele Rapino. Una cappella eretta nel 1447 su progetto di Michelozzo per custodire il miracoloso Crocifisso di san Giovanni Gualberto, trasferito nel 1671 nella Chiesa di santa Trinita e sull’altare sostituito con il polittico di Agnolo Gaddi raffigurante lo stesso santo fondatore dell’abbazia di Vallombrosa.

Immediatamente dopo, precisamente nel 2019 e i cui esiti sono stati presentati nel luglio del 2021, il cantiere si è spostato nella Cappella del Cardinale del Portogallo eretta a seguito della morte del giovane prelato nel 1459 su progetto di Antonio Rossellino con il contributo del fratello Bernardo, Luca della Robbia, i Pollaiolo e Alessio Baldovinetti. Attraverso il delicato lavoro di pulitura dal catafalco del giovane cardinale sono emerse le tracce di oro che un tempo segnavano gli ornamenti della tomba, mentre dalla terracotta invetriata della copertura di Luca della Robbia riappariva la foglia oro originale applicata a missione grazie all’uso del laser qui impiegato per la prima volta con il quale è stato possibile anche rimuovere le ridipinture in porporina ormai alterate.

Ancora aperto questo cantiere, iniziava il nostro progetto di restauro su tutti i marmi dell’area presbiteriale rialzata, il mosaico del catino absidale con il rivestimento marmoreo della fascia sottostante, l’altare e il suo Crocifisso. In contemporanea è stato restaurato il Busto reliquario di san Miniato attribuito a Nanni di Bartolo, opera vincitrice nel 2020 del bando promosso da Friends of Florence in collaborazione con la segreteria organizzativa del Salone dell’Arte e del Restauro di Firenze.

I lavori di restauro sono iniziati nella primavera del 2022 dalla transenna marmorea e dall’ambone, già smontati nel 1910 dall’Opificio delle Pietre Dure per procedere con la pulitura e le integrazioni delle fratture, pezzi unici dell’arte romanica ampiamente studiati da Guido Tigler e da Nicoletta Matteuzzi che li datano in un periodo compreso fra il 1160 e il 1175.

La transenna che recinge il coro è ripartita in formelle quadrate recanti all’interno dei rosoni finemente intagliati, decorazione questa, prossima ai motivi decorativi delle formelle dello smembrato recinto del fonte battesimale del Battistero di Firenze, ora conservati al Museo dell’Opera del Duomo. Nella sua impostazione l’ambone ripropone quello ultimato intorno al 1162 da Guglielmo per il Duomo di Pisa, ora nella Cattedrale di Cagliari, rimosso nel 1310 per lasciare spazio a quello di Giovanni Pisano. Un modello, quello di Guglielmo diffusosi per tutta la Toscana: un esempio su tutti l’ambone di Taglia di Guglielmo per la Cattedrale di Pistoia, con la variante fiorentina dove al figurato si è preferita la decorazione geometrica. L’ambone di san Miniato servì da modello ispiratore per altri esempi eseguiti in anni successivi, fra cui il più prossimo risulta essere è quello della Pieve di Sant’Agata in Mugello, in cui è riportata la data di esecuzione 1775, per la presenza del medesimo gruppo scultoreo, letto in chiave iconologica da Giovanni Serafini come la celebrazione della Resurrezione, composto dalla testa di leone poggiante su di una mensola modellata a foglia d’acanto, sopra la quale si alza la figura umana, una sorta di telamone a sostegno dell’aquila che a sua volta regge il littorile.

Di esecuzione più tarda è l’altare che, rispetto alla decorazione della transenna, dell’ambone e del rivestimento marmoreo del catino absidale, mostra un aggiornamento della partitura geometrica attraverso l’inserimento di due anfore stilizzate ai lati della specchiatura frontale. 

Per quanto riguarda il mosaico del catino absidale, il restauro conferma quanto aveva già ampiamente argomentato Angelo Tartuferi, cioè in altre parole che esso è stato realizzato in due fasi, la fascia superiore, attribuita dallo stesso studioso al Maestro di sant’Agata datandola al 1260 circa, con Cristo Pantocratore affiancato da un lato da san Miniato che nel suo ruolo di re di Armenia gli dona la sua corona e, dal lato opposto, una Madonna poco leggibile nella sua originalità in quanto ampiamente rimaneggiata dal restauro ottocentesco. La fascia inferiore fu aggiornata con i simboli dei quattro Evangelisti intorno al 1297, data posta in calce nel catino e ammissibile nonostante le tessere originali siano state parzialmente sostituite.

Prima dell’attuale restauro, l’osservazione dal basso suggeriva la necessità di una generale pulitura per restituire lucentezza alle tessere, ma le reali condizioni conservative sono state chiare solo dopo il montaggio del ponteggio quando è stato accertato il distacco di tante tessere originali. Se è difficile circoscrivere l’intervento del 1491 di Alessio Baldovinetti, che spese gli ultimi anni della sua attività alla cura dei mosaici di San Miniato, più leggibile è stata la vasta porzione, con maggiore insistenza nella parete sinistra, soggetta al ricambio di tessere fatte arrivare direttamente da Venezia dal maestro vetraio Sante Antonio Gazzetta nel 1860, “eguagliandolo al nuovo, a segno di non distinguere da questo a quello”, un pensiero specchio della metodica del tempo orientata a rifacimenti piuttosto che a mantenere comprensibile l’intervento ed il pensiero originale dell’artista. Più contenuta è invece la sostituzione di tessere da parte dell’Opificio delle Pietre Dure nel 1907. Per sintetizzare, dopo i restauri del passato, l’area più integra di tutto il mosaico è l’area destra, parte della fascia sottostante e la decorazione dell’intradosso dell’arco, con il rifacimento totale di alcune porzioni, fra cui la figura della Madonna per la quale non è comprensibile quanto e se sia stato manomesso il disegno originario.

In fase di progettazione tutti noi abbiamo convenuto di includere nel progetto di restauro anche il Cristo Crocifisso in terracotta invetriata posto sull’altare maggiore, già attribuito a Luca della Robbia e giustamente ricondotto alla bottega di Benedetto Buglioni da Giancarlo Gentilini. Non una scultura plasmata a tutto tondo, bensì una figura appiattita e il dorso incavato, indice a mio parere che essa è ciò che resta di una composizione posta entro una nicchia demolita. L’adattamento a Crocifisso d’altare risale alla fine dell’Ottocento, datazione suggerita dalla croce lignea più antica applicata ad un’altra croce di maggiore dimensione nel 1930, quando l’opera è stata sottoposta ad un restauro per riattaccare le braccia al torso.

Molto complesso a causa delle troppe ridipinture di passati restauri non documentati, è stato l’intervento sul Busto reliquario di San Miniato, così menzionato dalle fonti, anche se la TAC non ha riscontrato all’interno della scultura nessun oggetto, da qui la deduzione che la reliquia si trovasse nel perduto basamento, poi sostituito con quello moderno.

Il Busto, di pregiata fattura, è stato condotto ad ambito senese dal Carli, forse Antonio Federighi formatosi nel 1438 all’ombra di Jacopo della Quercia nel cantiere del Duomo di Siena, mentre il nome di Baccio da Montelupo è riportato in una nota a margine di una riproduzione conservata nella fototeca del Kunsthistorisches Institut di Firenze. Più convincente invece è l’attribuzione a Nanni di Bartolo, documentato a partire del 1419 accanto a Donatello nel cantiere di Santa Maria del Fiore, confortata dal raffronto fra questa scultura e la Madonna con Bambino del Convento di Ognissanti, esposta alla grande mostra su Donatello a Palazzo Strozzi, per la comunanza della fisicità della figura e la struttura del panneggio. Accreditando questa attribuzione, la datazione del Busto reliquario di san Miniato dovrebbe cadere entro il 1423, data questa che segna la precipitosa fuga di Nanni da Firenze per debiti l’11 febbraio 1424, riparando a Venezia dove ottenne prestigiose commissioni per la Basilica di San Marco e per Palazzo Ducale.

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