venerdì 19 Aprile 2024

Pagamento per immagini dei beni culturali, il disappunto delle consulte universitarie. Appello al ministro Sangiuliano

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Sull’uso delle immagini dei beni culturali a pagamento e sul nuovo decreto del Ministero della cultura intervengono criticamente molte consulte universitarie, chiedendo al ministro Sangiuliano di rivedere la propria decisione.

Qui il testo del comunicato inviato dalla Giunta della Federazione delle Consulte Universitarie di Archeologia (Consulte di: Preistoria e protostoria; Archeologia del mondo classico; Archeologie Postclassiche; Archeologia dell’Italia preromana; Numismatica; Studi sull’Asia  sull’Africa; Antropologia) CUNSTA – Consulta Universitaria Nazionale per la Storia dell’Arte SISCA – Società Italiana di Storia della Critica d’Arte

“La Federazione e le Consulte firmatarie intendono esprimere disappunto e preoccupazione a proposito di un recente decreto del Ministro della Cultura (DM 11 Aprile 2023, n. 161) che attenta all’art. 9 della Costituzione e alla libertà di ricerca, espressione e iniziativa economica in campo culturale sottoponendo a tariffa le pubblicazioni editoriali scientifiche. Il decreto, reso noto l’11 aprile 2023, ha definito un tariffario generale nel quale sono stati fissati gli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi di concessione e per la riproduzione dei beni culturali statali.
Il documento, redatto evidentemente in modo frettoloso, appare piuttosto confuso e di cattiva leggibilità: il complesso e astruso sistema di calcolo per la tariffazione rischia infatti di mettere a dura prova qualsiasi utente che dovrà osservarlo o funzionario ministeriale che dovrà applicarlo, senza peraltro chiarire se il sistema di tariffazione proposto si applichi anche alle riproduzioni già disponibili per l’utente, ad esempio a seguito di download dal sito web o di ripresa con mezzo proprio.
Il decreto colpisce direttamente la ricerca perché generalizza l’applicazione di tariffe sulla pubblicazione di immagini di beni culturali in qualsiasi prodotto editoriale. Con un salto indietro di oltre trent’anni, in un sol colpo viene calpestato il DM 8 aprile 1994, che aveva stabilito la gratuità per la pubblicazione in tutti i periodici e nelle monografie entro i 70 euro e 2000 copie di tiratura, e vengono azzerate le Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale, pubblicate la scorsa estate dalla Digital Library del Ministero della Cultura, pur affermando di tenerne conto. Il documento della Digital Library, a differenza del decreto
unilaterale in esame, era stato il frutto di oltre un anno di lavoro interno al ministero e di
consultazioni pubbliche, proprio in occasione delle quali la Federazione delle consulte universitarie di archeologia, in una nota del 6 giugno 2022, aveva avuto modo di apprezzare la principale novità del documento della Digital Library, vale a dire la previsione di gratuità per la pubblicazione di immagini di beni culturali statali in qualunque prodotto editoriale, indipendentemente dalla tipologia, dalla tiratura o dal relativo prezzo di copertina. Al danno che questo decreto rappresenta per i ricercatori, si aggiunge pertanto la beffa nei confronti di tutti coloro ai quali era stata annunciata, qualche mese prima, la gratuità per qualsiasi utilizzo editoriale.
Ma, soprattutto, la Federazione intende contestare il principio affermato nell’atto di indirizzo del ministro, criticato da ICOM Italia e pervicacemente ribadito nelle premesse al decreto, ovvero quello dell’ossessiva ricerca di redditività dal patrimonio culturale. Questa politica miope, che vede nel patrimonio culturale solo un limone da spremere nell’intenzione di ridurre il disavanzo pubblico
(come se fosse questa la mission principale del Ministero della Cultura), finisce per ripercuotersi contro chi studia e valorizza il patrimonio culturale e contro lo stesso ministero il quale, moltiplicando controlli, balzelli e autorizzazioni, si trova – e si troverà sempre di più – a sopportare oneri ben maggiori degli introiti derivanti dai canoni di concessione. È questo, ci chiediamo, ciò che auspica il Ministro della Cultura?

Eppure le associazioni dei professionisti dei beni culturali e molti studiosi, tra cui numerosi accademici dei Lincei, da anni fanno ripetutamente appello, inascoltati, ai principi della Convenzione di Faro per sottolineare l’esigenza di favorire le condizioni per la più ampia riutilizzabilità di dati e immagini del nostro patrimonio culturale, in una logica di Open Access che individua nel libero riuso uno strumento fondamentale per incentivare non solo la ricerca, ma anche l’editoria, l’imprenditoria culturale e creativa, il design e tutti quei settori del Made in Italy che questo governo pure afferma di voler promuovere, al massimo grado, in tutto il mondo.
Tassare ricerca e innovazione significa, inevitabilmente, introdurre inutili barriere e mortificare una moltitudine di iniziative che il ministero dovrebbe – all’opposto – incoraggiare attivamente mettendo chiunque nelle condizioni di poter riutilizzare, allo stesso modo, le immagini di beni culturali che gli appartengono. L’autorizzazione all’uso commerciale – cui viene assimilata l’editoria scientifica – viene inoltre giustificata in base a presunte esigenze di “tutela del decoro”, avallando così vere e proprie forme di “censura preventiva” proprie di uno Stato etico più che di uno Stato laico e
democratico quale dovrebbe essere oggi l’Italia. Non senza incorrere, tra l’altro, i clamorosi paradossi: accade infatti che il governo si trovi oggi a spendere milioni di euro per progettare una campagna di promozione turistica del nostro Paese che ripropone l’immagine della Venere di Botticelli in pastiche di dubbio gusto, permettendo così al Ministero del Turismo di divulgare ciò che vieterebbe a qualunque altro cittadino in base al Decreto Ministeriale in esame. Le consulte firmatarie chiedono, pertanto, al Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano il ritiro immediato del decreto e la riformulazione del tariffario in coerenza con i contenuti già espressi nel Piano Nazionale Digitalizzazione e con la più volte richiesta adozione generalizzata di licenze Open Access da parte di musei, archivi e biblioteche.
Chiedono inoltre un urgente incontro per discutere di questa e varie altre questioni relative alla libertà della ricerca sul patrimonio culturale e alla auspicabile maggiore collaborazione tra MUR e MiC, anche alla luce del protocollo sottoscritto del dicembre del 2020″.

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