venerdì 19 Aprile 2024

Le nuove importanti scoperte acheologiche a Paestum, al di là dello “straordinario” e del “cambiare la storia”

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Che le notizie dei ritrovamenti archeologici comunicate in questi giorni dal parco archeologico di Paestum siano molto interessanti, non ci sono dubbi: i lavori – in corso dal 2019 – per indagare il piccolo tempio dorico greco lungo le mura ovest dell’antica Poseidonia, di cui si conservano chiaramente il basamento in pietra dello stesso compresa la cella, forniscono testimonianze e dati di grande importanza per una cronologia attorno al primo quarto del V secolo a.C.

Il parco archeologico ha diffuso in particolare lo “stato dell’arte” dei molti reperti emersi dalle ricerche, che restano rilevanti al di là dei – comprensibili – accenti lirici usati sui social:

Le decorazioni in terracotta dipinta del tetto con i gocciolatoi a forma di leone, una straordinaria gorgone, una commovente Afrodite. Ma anche sette stupefacenti teste di toro, l’altare con la pietra scanalata per raccogliere i liquidi dei sacrifici e centinaia di ex voto tra cui spiccano le immagini di un eros a cavallo di un delfino che la fantasia potrebbe rimandare al mitico Poseidon, il dio che ha dato il nome alla città”. (NB: il grassetto è nostro).
Quindi il tempietto dorico è veramente una grande occasione per indagare con le metodologie archeologiche più aggiornate un luogo di culto di una delle città più importanti del mondo greco, anzi, di un sito che mostra il contatto tra mondi diversi: greco, italico, poi più propriamente romano. Avvantaggiato anche dall’essere un sito di rilevanza internazionale e inserito nel grande turismo, negli ultimi anni affidato a direttori capaci di farsi valere bene mediaticamente e anche oggetto di grandi attenzioni ministeriali.
Tutti elementi più che positivi, comunicati però secondo lo schema ben radicato che procede sempre per le scoperte dei siti da “Top 10 di notorietà”: la diffusione molto controllata delle notizie, diremmo con il contagocce, quasi a creare valore. Uno schema quindi molto lontano dalla condivisione predicata dall‘archeologia pubblica non solo a parole su una tipologia ben presente in siti UNESCO di livello mondiale come Çatalhöyük, che mostra tutto in tempo reale, o recentemente applicata a un cantiere archeologico difficile come quello del primo miglio della via Appia a Roma (ma ci sono altri esempi, sia chiaro). Lo stesso si può dire della comunicazione giorno per giorno delle scoperte archeologiche, importanti, fatte dagli archeologi impegnati sui cantieri dell’alta velocità nel Regno Unito (esattamente il contrario di quanto accade da noi, nella segretezza quasi assoluta di risultati diffusi al pubblico), o della continua comunicazione che fa l’ente francese, controllato dallo Stato, per l’archeologia preventiva. Che poi è il contrario di quanto applicano spesso (ma per fortuna non sempre) alcune soprintendenze italiane.
Ora, per tornare a siti italiani di importanza capitale, come Paestum, lo schema sembra essere il seguente:
1) notizia scavo controllatissima e fatta uscire in periodo lunghi
2) canale privilegiato raicentrico o ansacentrico, che di solito utilizza il copia-incolla delle notizie fornite dal parco stesso come metodo di valutazione critica e contestuale. La comunicazione “in esclusiva e in anticipazione privilegiata” non è mai una buona idea
3) comunicazione con virgolettato del ministro (non si sta parlando dell’attuale in specifico ma di quelli espressi da tutti i governi degli ultimi lustri, di qualsiasi origine e provenienza). Niente di male ovviamente, ma questo diventa un collo di bottiglia. Non si comunica nulla se il ministro A/B/C non ha la sua partecipazione comunicativa adeguata, e questo, con gli impegni istituzionali, non sempre può accadere. Sappiamo di conferenze italiane rimandate di mesi per questi motivi.
4) l’uso conseguente della tipologia comunicativa della “scoperta straordinaria”, di quella che “cambia la storia”, e via – sempre – di questo passo. Con il risultato che anche quando cambia la storia (ma in realtà qualsiasi scoperta archeologica, anche un’anfora Dressel 1 in contesto urbano aggiunge elementi alla storia), ed è effettivamente straordinaria, si costringe tutti gli altri ad alzare perennemente l’asticella della comunicazione. In cui la già disattenta stampa italiana si troverà a navigare a vista seguendo i luoghi comuni dell’eccezionalità, straordinarietà e unicità senza mai degnare di uno sguardo, che so, l’archeologia protostorica con buchi di palo altrettanto “straordinari” ma più difficilmente comunicabili. Con il rischio poi, come è avvenuto con i bronzi di San Casciano ai Bagni, che lo straordinario (effettivo) generi meccanismi di sovraeccitamento mediatico con paragoni fuorvianti come “pari ai bronzi di Riace” che non aiutano la valutazione critica che quel grande lavoro merita. Quando tutto è straordiario, nulla è straordinario.
La riproposizione all’infinito delle stesse frasi, che soddisfano il carnet della rassegna stampa, non giova però alle future comunicazioni, che dovranno essere necessariamente altrettanto straordinarie o, per converso, non straordinarie e destinate a una comunicazione sottotraccia. L’educazione partecipata e continua, al di fuori dell’eccezionalità, è la vera notizia straordinaria che aspetta l’archeologia. Non in esclusiva, non in  controllo con il contagocce.
Detto questo, non vediamo l’ora di vedere anche noi di ArchaeoReporter gli archeologi all’opera sul tempio a Paestum, veramente eccezionale, per noi, come tutto il resto!
QUI LA CAMPAGNA SULLA VILLA DI PREDAPPIO, UN ESEMPIO DI ARCHEOLOGIA CONDIVISA IN TUTTO IL PROGETTO DI SCAVO:

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