giovedì 28 Marzo 2024

Dopo 50 anni riapre la sezione “Campania Romana” al Museo archeologico nazionale di Napoli: 240 opere importantissime

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Al Museo archeologico nazionale di Napoli (MANN) riapre la sezione “Campania Romana, sculture e pitture da edifici pubblici“, ben 2000 metri quadrati (sui 15.000 complessivi) che erano chiusi da mezzo secolo. Si tratta di ben 240 opere esposte che rappresentano una selezione di una delle più importanti e ricche aree dell’Italia romana, che, ricorda il MANN, vanno dal “II secolo a.C. per giungere almeno al III sec. d.C., spostandosi tra l’area flegrea, le città vesuviane e il territorio interno, con particolare riferimento all’attuale casertano. E, guardando più lontano, l’itinerario tocca a Nord il basso Lazio e a Sud alcuni centri della Calabria“. Motivo per cui non è mancato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che non fa mistero di “giocare in casa”.

Il Museo archeologico di Napoli, d’ora in avanti, secondo il direttore Paolo Giulerini “è, senza ombra di dubbio, il più grande museo di archeologia classica al mondo. Dietro questo immane sforzo c’è un team straordinario, costituito da professionisti di livello assoluto, provenienti dal MANN, dal Ministero a livello centrale, dalle Università e dalla sfera del privato, capaci di progettare e spendere fondi strutturali nonostante il Covid. Ci sono l’Europa e il MiC che, tramite i fondi PON CULTURA E SVILUPPO, FESR 2014-2020 (sette milioni di euro), hanno sostenuto un’impresa memorabile. C’è, soprattutto, l’orgoglio di una città che torna ad essere capitale dell’archeologia. E c’è, mi sia consentito, il mantenimento della promessa di questa dirigenza che, all’arrivo, ha trovato un museo in forte declino e chiuso per oltre la metà e che, nonostante tutto, ha affermato che l’intero museo sarebbe stato riaperto, meglio e con più efficacia rispetto a prima. Noi abbiamo vinto il nostro campionato combattendo su tutti i fronti con passione, quella che ogni italiano esprime quando si tratta di difendere e far rialzare il nostro Paese

Note sulla sezione Campania Romana da parte del MANN:

La sezione Campania Romana, curata da Carmela Capaldi (docente di Archeologia classica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II)  è stata allestita tenendo presente fisionomia e storia delle sale che, con le grandi colonne divisorie, le volte decorate e l’ampiezza degli spazi, rappresentano un’ulteriore fonte di suggestioni per il pubblico: furono questi spazi, al piano terra dell’allora Real Museo Borbonico, a essere concepiti da Michele Arditi, nei primi decenni del XIX secolo, come sede prestigiosa del Museo delle Statue. In seguito due artisti, Giuseppe Abbate (1864) e Fausto Niccolini (1866-1870), furono incaricati di decorare gli ambienti. Si è dovuto attendere il Novecento per una svolta nella concezione museografica di questa sezione: a partire dagli anni Sessanta, il sistema espositivo concepito da Vittorio Spinazzola e Amedeo Maiuri è stato oggetto di un ripensamento: è divenuto centrale il tema del “contesto”, ovvero la provenienza delle opere. Questa linea programmatica è stata adottata per l’allestimento della collezione Farnese nell’ala orientale e ha motivato la ricollocazione della statua di Ferdinando I di Borbone come “Minerva pacifera” di Antonio Canova alla sommità dello scalone, al posto del “Gigante di Palazzo” (il busto colossale di Giove Capitolino da Cuma).

Questo è stato forse il gesto di più forte impatto ideologico e visivo nella riorganizzazione degli spazi del piano terra. La sezione Campania Romana, che si apre ora nell’ala occidentale, prosegue nella ricostruzione del milieu di rinvenimento dei manufatti. Sono presentati (in molti casi per la prima volta) non solo le sculture marmoree e bronzee, ma anche i rivestimenti parietali, le epigrafi, gli elementi architettonici e di arredo che decoravano gli edifici pubblici e i monumenti funerari.

La sala di Cuma, Museo archeologico nazionale di Napoli, foto Cosentino

Le statue dei Dioscuri di Baia inaugurano il percorso, introducendo il primo segmento espositivo dedicato all’area flegrea (Baia, Cuma e Pozzuoli). Si continua, poi, con i reperti dal comparto vesuviano, incontrando prima Pompei con manufatti provenienti dall’area del Foro triangolare (tempio di Asclepio, Palestra Sannitica e teatro) e del foro civile (tempio diApollo, tempio di Venere, Basilica, Macellum, Capitolium e Tempio della Fortuna). Un focus ad hoc è dedicato non solo all’area del teatro di Ercolano, con la ricostruzione virtuale della celebre Quadriga (non collocabile con certezza, presumibilmente inserita tra foro e teatro), ma anche all’Augusteum, per il quale si riproduce la ipotetica collocazione originaria di sculture e affreschi; per la prima volta, infatti, è presentata al pubblico la sequenza completa delle decorazioni presenti nelle nicchie. Per quanto riguarda l’antica Stabiae, è presente in allestimento la replica dell’Afrodite Sosandra, messa a confronto con la scultura proveniente da Baia.

Da non perdere, nell’itinerario di visita, le sale dedicare all’anfiteatro e al teatro di Santa Maria Capua Vetere: l’allestimento segue il principio tematico scelto da Michele Arditi per il cosiddetto Gabinetto delle Veneri, adottando l’amore come fil rouge delle opere esposte (Afrodite, Adone, Ganimede e altre rappresentazioni delle passioni di Zeus).

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