sabato 3 Giugno 2023

Volete una strada romana e le opere d’arte contemporanea? Andate alla “nuova” chiesa di Sant’Agnese a Padova, Fondazione Alberto Peruzzo

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La chiesa di Sant’Agnese a Padova torna a vivere come luogo di esposizione di arte contemporanea della Fondazione Alberto Peruzzo, ma la contemporaneità svela un sito con un palinsesto archeologico che ha molti pregi: è valorizzato come merita, è accessibile (evviva!), è destinato a generare valore sia per il proprietario sia per la cittadinanza. Nota bene, generare valore in ambito culturale non vuol dire “introiti dei biglietti” (tanto l’ingresso è gratuito) ma quei semi che non possono non germogliare in un tessuto urbano attivo e in grado di recepire iniziative valide per il territorio. Difficili da contabilizzare, ma molto utili in termini d’immagine, di ispirazione creativa, e, udite udite, anche di occasioni di lavoro.

GUARDA IL VIDEO SULL’ARCHEOLOGIA A SANT’AGNESE

Quando l’imprenditore Alberto Peruzzo (attivo molto aggressivamente nel settore energetico con “Argos”) ha preso possesso di questa chiesa di via Dante, quella che fu il cardo maximus della Patavium romana, si è trovato un edificio malmesso dal punto di vista edilizio e totalmente svuotato della sua lunga storia. Naturalmente un vuoto di arredi sacri, di altari, di marmi, per non dire di opere d’arte, ma anche quasi della memoria stessa della sua funzione originaria.

Bombardata nella seconda guerra mondiale, trasformata in laboratori e infine in autofficina fino agli anni ’80, neppure la divisione degli ambienti, al suo interno, ricordava quella di una chiesa. Insomma, molto più di una delle tante “chiese sconsacrate”, in questo caso nel 1947, ma una sorta di inno all’accanimento distruttivo che molte città italiane hanno messo in atto nel loro centro storico. Padova, di questo accanimento è uno degli esempi più lampanti, grazie alle scellerate scelte urbanistiche della sua classe amministrativa (e imprenditoriale) del secondo dopoguerra. E Sant’Agnese, che pure è una delle sue chiese, insomma, ex-chiese, più antiche, è una sorta di “copertina” di questo scempio (mi rifiuto di usare “plastica rappresentazione”, uno dei termini più inflazionati di questi lustri, ma il concetto è quello).

Quindi Peruzzo che fa? Con una collezione di arte contemporanea “in casa” da far paura, mette le mani sulla chiesa, e decide di trasformarla in qualcosa di vivo, un luogo di arte (quella della sua collezione), di incontro (quello delle future mostre) e di cultura. Uno sfoggio di mecenatismo? Forse, Alberto Peruzzo è un uomo attento all’immagine, giacche in cachemire, capelli e barba da skipper di lusso e un fare più imprenditorial-berlusconiano che da paron del Nordest.

Ex chiesa di Sant’Agnese a Padova, le opere d’arte contemporanea della fondazione Alberto Peruzzo

Se gliel’avesse piazzata un’agenzia immobiliare l’avrebbe presentata come “ottimo affare, chiesetta per amatori, trasformabile in loft facilmente parcellizzabili, terracielo”. Ecco, sul concetto di “facilmente” l’agenzia avrebbe mentito (otto anni di lavori), e su quello di “terracielo” avrebbe omesso qualcosa. Perché qui si parla di terracielo ma anche di ipogeo, e quindi di 2 metri e 70 sottoterra, in una città romana e, appunto, in area affacciata sul cardo maximus di Padova.

LA STRADA DELLA PATAVIUM ROMANA

Padova, Il basolato della strada romana a Sant’Agnese, ora della Fondazione Alberto Peruzzo

Ed ecco, infatti, un tratto di strada romana, con il suo bel basolato in trachite e i resti del pertinente marciapiede. Cronologia tra il II secolo a.C. e il II d.C, quindi nel momento di massima fioritura della città romana, dalla romanizzazione del Veneto al pieno impero. Poi per la gioia della Soprintendenza competente per Padova, ecco le tombe dal XIV al XV secolo, delle famiglie padovane della zona, ossia Ponte Molino, i frammenti pittorici medievali, quasi 6.000 (!), che fanno pensare ai momenti storici ora celebrati dall’operazione Urbs Picta-Unesco,  il periodo in cui Giotto lavora in città, e a questo proposito c’è chi riconosce uno stile affine al Guariento. Poi le tele originarie, che la Diocesi ha saggiamente deciso di mostrare di nuovo nel loro contesto “nativo”: c’è un Giandomenico Tiepolo, Giovanni Battista Bissoni, Giulio Cirello, begli esempi di pittura sacra dal Sei al Settecento.

Per la parte archeologica rimandiamo a quanto racconta la Soprintendenza per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, in calce, ma ora entra in atto la trasformazione. La valorizzazione dell’area ipogea è perfetta: il palinsesto archeologico della chiesa non appare “estraneo”, staccata dall’area destinata alle bellissime opere di arte contemporanea, che vanno da Tapies a Vedova, Dubuffet, Riopelle, Fontana, Paladino, Nitsch, Manzoni a Music e molti altri. Da un lato, parlando con Riccardo Caldura, curatore della mostra e direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, non ci sono dubbi che anche l’arte contemporanea proceda per stratigrafie e sottrazioni, quasi spoliazioni della tarda antichità (sopra, nel video per approfondire).

Dall’altro la luminosa scala verso la sala ipogea (progetto Borchia e associati) non porta verso il buio di una cripta, che d’altronde dopo i bombardamenti non esisteva più, come la distrutta sacrestia. Non c’è cesura tra contemporaneo e livelli romani, quella un tempo era una strada, all’aperto, ed è ora visibile tra trasparenza dei vetri e la luce, mentre un grande videowall mostra i momenti più significativi dello scavo, grazie al bel video appositamente realizzato. Imparino certi musei, il video è posizionato in modo immersivo, non è un “grosso televisore” piazzato lì a caso tanto per “fare multimedia”.

La chiesa di Sant’Agnese ora ha ricucito il suo rapporto con la città, e probabilmente le attività che si terranno, potranno ricucire quello con i cittadini e i visitatori. Il simbolo resta l’opera di Kounellis, un palo di legno con la juta di un sacco, quasi un simulacro di croce, che è posizionata dove le bombe erano penetrate nella chiesa. In alto, in questo incrocio, non il tetto, ma la luce del vetro, che mostra dal basso il campanile. Il cielo, là sopra, cambia in continuazione ma le fortezze volanti, al momento, non sono all’orizzonte.

Come visitarla:

Il mercoledì e il giovedì dalle 14 alle 18, il venerdì e il sabato dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18 (ingresso gratuito).

LE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE A SANT’AGNESE, I DATI DELLA SOPRINTENDENZA

“Nel corso delle attività di scavo archeologico (2007 per il locale interrato e il piccolo cimitero, 2015 e 2018 per la chiesa e 2020 per l’ascensore), condotte da SAP Società Archeologica e Tuzzato Studio Archeologia, sono state rinvenute testimonianze di varie epoche, a partire da quella preromana, negli scavi più profondi eseguiti nel retro della chiesa.
Sono stati inoltre rinvenuti i resti di un tratto di strada basolata di epoca romana – fiancheggiata da marciapiedi e dotata di collettore fognario – che immetteva nel Kardo Maximus (l’attuale via Dante).
Sotto il pavimento dell’aula ecclesiale è invece affiorata una complessa stratificazione comprensiva di strutture murarie, pavimentali e tombali risalenti a più fasi dell’edificio ecclesiastico, la cui prima fase costruttiva – con orientamento opposto all’attuale – risale presumibilmente al XII secolo, in accordo con i primi documenti noti.
E’ stato possibile riportare alla luce, tra l’altro, cinque lastre tombali a pavimento, di varia datazione, e un
corpus di oltre cinquemila frammenti di intonaco dipinto, databili al tardo Trecento e inclusi in uno strato di riporto steso nel XV secolo, durante una delle fasi di ricostruzione della chiesa.
La primitiva area absidale, anticamente collocata a est verso l’attuale via Dante, presentava due catini di diverso diametro: l’aula, secondo quanto ipotizzato dagli archeologi, è stata modificata tra il XII e la seconda metà del XIV secolo, epoca a cui potrebbe risalire il riuso di una delle lastre pavimentali decorate, ora frammentaria, databile all’XI secolo e inglobata come materiale di scarto nel pavimento.
La seconda fase di costruzione della chiesa, orientata come la precedente ma dotata di una sorta di “pseudo abside” in sostituzione delle due preesistenti, era certamente decorata alle pareti, secondo quanto si desume dai frammenti superstiti degli affreschi tardo trecenteschi rintracciati durante gli scavi. L’edificio è stato in seguito ampiamente modificato e ruotato di 180 gradi, mediante l’inversione dell’orientamento del presbiterio e l’apertura del portale d’ingresso con affaccio su via Dante, mentre le dimensioni dell’aula rimanevano immutate.
Risale a tale periodo anche l’inizio dei lavori per la costruzione del campanile, tuttora esistente, collocato a sinistra della nuova abside rettangolare.
A conclusione degli scavi e in seguito al prelievo, alla movimentazione e alla messa in sicurezza dei reperti, si è proceduto a ripristinare la copertura del suolo con la messa in opera di un pavimento in pastellone.
L’eccezionalità del sedime della ex chiesa di Sant’Agnese è stata riconosciuta con la dichiarazione di interesse culturale particolarmente importante (provvedimento del 20 ottobre 2021), emanata dalla Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del Veneto”.

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