giovedì 25 Aprile 2024

La scomparsa del gioco in pubblico, archeologia di un’abitudine perduta

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Ognuno di noi, nella propria vita, ha pensato con nostalgia al tempo in cui, da piccoli, si trascorreva molto tempo per strada con i propri coetanei, giocando a calcio, a nascondino, a guardie e ladri. E più o meno ogni adulto associa a tale nostalgia anche una vena di rammarico pensando alle “nuove generazioni”, che “non giocano più per le strade” e che adesso “stanno tutti davanti ai videogames”.

Retorica da “Bar Sport”, certo, ma non solo, perché assumendo una prospettiva più ampia, è sicuramente vero che il “gioco” nella nostra società abbia acquisito negli ultimi anni una dimensione sempre più “privata”. Fa sorridere, però, che ad essere sempre più rari nei luoghi pubblici, non siano i giochi dell’infanzia, ma quelli per adulti.

Estendendo il raggio di indagine è risaputo che nell’antica Roma, infatti, il gioco era un’attività piuttosto diffusa.

Diffusi erano i giochi d’azzardo, perseguiti dalla legge, ma altrettanto diffusi erano anche giochi che non prevedevano una vincita pecuniaria.

Al pari di oggi, l’attività ludica era condotta sia da bambini che da adulti. I bambini si divertivano trascinando con una cordicella piccoli cavalli di legno o di terracotta, con la trottola o con l’antenato dell’odierno yo-yo. Altrettanto diffusi erano poi i giochi con la palla, le bambole, o i giochi con le noci (orcium, nuces castellatae).

Gli adulti, invece, si avvalevano di tabelloni di gioco, noti come tabuae lusoriae, che venivano utilizzate tanto all’interno degli spazi privati quanto negli spazi pubblici.

In un recente approfondimento condotto dal Parco Archeologico del Colosseo sono state esaminate circa 60 tabulae lusorie rintracciate nei pressi della Basilica Giulia, la basilica che costeggia il Foro Romano, identificando differenti tipologie di “tabelloni”: il gioco delle fossette, il duodecim scripta, filetto, tris e il gioco deli latrunculi, un gioco di strategia, che si giocava con pedine di differenti colori.

Oggi, percorrendo le strade delle nostre città, è sicuramente possibile incontrare un parco o un giardino pubblico attrezzato con un’area dedicata ai giochi per i più piccoli: dondoli, altalene, e altri giochi similari. È altresì possibile imbattersi in altre tipologie di strutture, come i percorsi salute.

E’ invece molto meno probabile imbattersi in gruppi di donne o di uomini che si incontrano in un parco pubblico, o nei pressi di uno spazio pubblico molto frequentato (le entrate laterali di una chiesa, un aeroporto, una stazione), per giocare a dama o a scacchi, su tavolini-scacchiere.

Certo, il cinema ci ha abituati a pensare che si tratti di un’abitudine made in USA quella di trovare delle scacchiere nei parchi pubblici, ma si tratta, in realtà, di un’abitudine molto più antica.

La scomparsa dei giochi per adulti negli spazi pubblici racconta, della nostra società, molto più della meno reale scomparsa dei giochi per bambini per le strade.

Racconta di un modo diverso che gli adulti hanno di vivere lo spazio pubblico, e di come la dimensione del gioco (d’azzardo e non), sia nel tempo divenuta sempre più “privata”.

Una dimensione in cui l’aspetto ludico adulto è quasi completamente demandato alla sfera privata, che necessariamente, però, restringe considerevolmente il numero di “estranei” con i quali poter avviare, proprio come si è soliti vedere per i bambini,, una conoscenza partendo proprio da un momento di divertimento.

Al di là delle considerazioni umane, soprattutto alla luce del periodo pandemico, durante il quale tutti noi abbiamo percepito l’assenza soprattutto degli estranei dalla nostra vita, queste riflessioni coinvolgono anche considerazioni più strettamente collegate alla comprensione del rapporto con lo spazio pubblico nella nostra società.

Un rapporto sempre più permeato dal concetto di consumo: con gli amici ci si vede ad un bar o ad un ristorante, si va al cinema o a teatro; si fa una passeggiata in centro tra le strade dello shopping o ci si incontra, la sera, nelle strade della movida notturna.

Raramente lo spazio pubblico assume luogo di confronto, di scambio, di gioco. Un elemento su cui forse sarebbe giusto riflettere, e magari intervenire, attraverso la riscoperta, attraverso l’archeologia, di attività antichissime, che però abbiamo disimparato.

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