Alcuni decenni fa, forse anche meno, la Banda dei Sottoservizi ha operato in modo veloce ed indolore in piazza San Michele, a Volterra, dove ora la sorveglianza archeologica ha individuato in questi giorni sepolture medievali, durante nuovi lavori dell’ASA (Azienda Servizi Ambientali). L’ “operazione” di posa del corrugato, ai tempi, fu “chirurgica”, con l’asportazione del bacino da uno scheletro, giusto giusto per far passare il condotto. Un lavoro di fino, non un centimetro il più, non uno di meno. Il corrugato è alloggiato con millimetrica minuzia, esattamente al posto di quelle che un tempo furono le pudenda, un’operazione a livello di Daniele da Volterra (per stare sul territorio), detto il Braghettone, a copertura delle nudità di Michelangelo alla Sistina.
La foto è chiara, e fa cadere le braccia agli archeologi, a cominciare dalla funzionaria della Soprintendenza che sta compiendo ora il suo dovere nel campo dell’archeologia preventiva, Elena Sorge, che dal 2012 scruta il territorio, a cominciare ovviamente dall’ormai celebre Anfiteatro in corso di scavo in questi anni. Praticamente tutti i sottoservizi volterrani s’intersecano da sempre in questa piazza, che il toponimo “in foro” rende ovviamente più che “sospetta” in tema di densità di reperti archeologici.


Eppure, anche non tantissimi anni fa, forse alla fine degli anni Novanta, qualcuno riuscì a intercettare la tomba, asportarne le ossa e richiudere come se nulla fosse accaduto. Incompetenza, disattenzione o peggio? Le fazioni si dividono, tra chi benevolmente sposa la tesi della “ruspetta” che ha fatto tutto senza che ci si rendesse conto di avere raggiunto uno strato “attivo” archeologicamente, e chi invece propende per il “blitz” in velocità all’insegna del “vai e richiudi tutto in fretta”. Ovviamente, in questo caso, non lo sapremo mai, e sarebbe poco utile indagare cosa sia accaduto circa un quarto di secolo fa, del tutto simile alla “ruspa allegra” tanto in voga nel secondo Novecento in tutte le aree urbane italiane. Pensiamo, ad esempio, alla statua di un imperatore nei panni di Ercole appena rinvenuta nel parco archeologico dell’Appia Antica a Roma.
Anche lì l’archeologa sul posto stava seguendo i lavori quasi “di routine”, visto che si trattava di un punto già scavato negli anni Sessanta, da cui non sarebbe dovuto più emergere nulla di archeologico. E invece… Qui, come in tante altre situazioni, quello che non doveva esserci invece c’era.


Morale: ora i dati archeologici sulla storia di Volterra stanno per arricchirsi con le notizie di un’area cimiteriale medievale che si poteva sospettare ma non era ancora stata trovata. Una sepoltura, forse bisoma (ossia con due corpi) e altre indagate dagli archeologi. Che si vanno ad unire ad altri dati raccolti dall’archeologia preventiva (in senso lato, lo diciamo per non fare arrabbiare i puristi), come ad esempio lastre pavimentali romane, in direzione di Porta Fiorentina.
Morale della morale, la sorveglianza archeologica serve, fa bene al territorio, e aiuta le aziende che lavorano sui sottoservizi a non sbagliare e a non privare la comunità non solo del loro prezioso lavoro per le utenze pubbliche e private, ma anche delle notizie sulle radici di una città e dei suoi abitanti. La sorveglianza archeologica e ancora meglio la programmazione, tutte le volte che è possibile, è sempre una strategia win-win, come direbbero quelli bravi, dove tutte le parti in causa possono solo guadagnarci.
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