Ai Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli, 1800 reperti si susseguono, quasi tutti mai visti, a impressionare volutamente per la loro quantità. La mostra La Roma della Repubblica mette in luce, spesso per la prima volta, le testimonianze materiali dell’Urbe tra il V e i I secolo a.C.. Per molti, è veramente come aprire un cassetto, ma non è solo questo. La quantità è infatti serialità, è ripetizione di gesti, è tendenza dei gusti, è in definitiva comprensione di una storia, non è solo “tirare fuori reperti”, per altro spesso inediti. Non sono capolavori, raccontano i curatori, ma si tratta di oggetti, spesso votivi, che rappresentano l’espressione delle classi anche più modeste di Roma, nel lungo periodo in cui la città si trasforma da una polis come molte altre a un centro di potere crescente nel Mediterraneo.
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Il sottotitolo della mostra è “I racconti dell’Archeologia”, che suggerisce come questa sia il proseguimento della precedente, La Roma dei Re (2018), basata su analoghi principi, sempre a cura di Isabella Damiani e Claudio Parisi Presicce (promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, organizzata “in casa” da Zètema Progetto Cultura),. Basta sfogliare l’impressionante catalogo della Roma dei Re di pochi anni fa – uscito praticamente a mostra finita – per capire che l’esibizione è più che “da cassetta” un atto scientifico, se vogliamo anche riparatorio per chi non può frequentare i ricchi depositi capitolini. Il catalogo precedente è già un riferimento anche per chi si occupa di archeologia romana delle origini, ci aspettiamo che anche questo sia altrettanto “sostanzioso” nei saggi e nella visione scientifica.
Dicevamo che gran parte del materiale è di fatto inedito per il grande pubblico, ma anche molti studiosi non l’avranno mai visto. “La quasi totalità delle opere in mostra non è solitamente esposta al pubblico – scrivono i curatori – in molti casi si tratta di oggetti finora conservati nelle casse dell’Antiquarium, per la prima volta restaurati ed esibiti“. Altri oggetti provendono dalla Centrale Montemartini e dal Museo Capitolino stesso.
L’accumulo seriale, la mera quantità del materiale dei depositi votivi, l’intuita ricchezza policroma delle decorazioni, le ipotesi ricostruttive avanzate dagli studiosi rappresentano un’attrazione assoluta per chi si occupa o si diletta di archeologia classica. Archeologia, non solo “storia dell’arte antica”. Una mostra di testimonianze materiali, di “cose” della storia messe finalmente nei loro contesti.
La mostra sarà aperta fino al 24 settembre 2023
GALLERIA DI IMMAGINI : materiali architettonici e decorativi di edifici templari, con ipotesi ricostruttive (foto Zetema Progetto Cultura – autore Zeno Colantoni)
Qui di seguito la sintesi della mostra nei testi degli stessi curatori:
I santuari
La sezione quantitativamente più consistente dell’intero percorso illustra i resti archeologici che testimoniano le fasi costruttive, le caratteristiche artigianali e il livello artistico degli edifici templari sul Campidoglio e nel Campo Marzio.
Di grande impatto, per la proposta ricostruttiva con i colori originari, sono le lastre di rivestimento di Largo Argentina databili tra la seconda metà del IV secolo a.C. e la metà del I secolo a.C. Nel caso del Campidoglio, inesauribile fonte di informazioni, accanto alla ricostruzione del monumentale frontone di età repubblicana del Tempio di Giove Ottimo Massimo, vengono presentati per la prima volta, insieme ai materiali del già noto deposito votivo della Protomoteca, i contesti votivi venuti in luce con i lavori per la costruzione della Galleria di Congiunzione.
Un aspetto troppo spesso trascurato nella considerazione della Roma repubblicana, che si vuole qui valorizzare, è quello della devozione popolare di cui si trova traccia nei depositi votivi. Il più importante esempio è quello dedicato a Minerva Medica all’Esquilino, scoperto a fine Ottocento. Esposti per la prima volta al pubblico sono i resti del deposito votivo anch’esso venuto in luce nello stesso periodo a Campo Verano, e quelli individuati negli anni Trenta del Novecento nel corso dello sbancamento della collina Velia e presso il Mitreo del Circo Massimo. Un complesso di materiali a lungo ignorato e finora noto solo attraverso singoli elementi di particolare livello artistico è costituito dai resti di 11 figure in terracotta rinvenuti nell’Ottocento presso la via Latina.
Grazie a una lunga attività di studio, restituzione grafica, restauro integrativo dei frammenti originali con tecnologie di rilievo 3D, di scultura digitale e stampa 3D, è ora possibile proporre la Triade Capitolina, Giove, Giunone e Minerva, da ricollocare idealmente entro uno spazio frontonale. Si tratta di un altissimo esempio di coroplastica databile all’inizio del I secolo a.C.
I palazzi e le infrastrutture urbane
L’organizzazione delle infrastrutture cittadine è esemplificata dalle testimonianze archeologiche sulle modalità di approvvigionamento idrico prima della diffusione degli acquedotti garantito dai numerosissimi pozzi scavati ai margini dei colli. In mostra sono allestite le decine e decine di brocche talvolta con lettere inscritte, accumulati nei pozzi di Largo Magnanapoli sul Quirinale, riconducibili al momento di dismissione dei pozzi
I resti delle domus patrizie del Campidoglio sono testimoniati da frammenti di pavimenti decorati con schemi geometrici (fasce rettangolari, croci, rombi), realizzati con tessere bianche e nere o con pietre policrome.
PRODUZIONI E COMMERCI
Gli aspetti della produzione artigianale sono un punto di vista privilegiato per seguire lo sviluppo dei sistemi produttivi. La ceramica offre una chiave di lettura importante dal momento che questo materiale ha lasciato tracce più durevoli rispetto ad altre attività, quali la lavorazione della pietra, dei metalli e del legno che pur avevano un posto fondamentale nella vita della città.
L’esposizione racconta le tappe di sviluppo dell’artigianato di qualità che, da forme e tecniche legate alle tradizioni dell’età̀ arcaica si sviluppa nel corso dei secoli IV e III con nuove produzioni, le stoviglie interamente verniciate, sia in rosso sia in nero e il vasellame decorato a figure rosse.
La tecnica dello stampo assume un ruolo molto importante nelle produzioni di particolari oggetti, come i votivi anatomici ed è ben individuabile nelle produzioni dei piccoli altari (arule) che hanno particolare fortuna nell’età medio-repubblicana e nelle matrici di terracotta presentate in mostra.
MANIFESTAZIONI DI IDENTITÀ, PRESTIGIO E ASCESA SOCIALE
Numerosi sono gli oggetti e i simboli attraverso i quali determinate categorie sociali volevano comunicare l’alto status raggiunto o rimarcarne l’antica appartenenza. L’autocelebrazione dell’aristocrazia e delle famiglie emergenti trova un importante luogo di espressione, durante l’età repubblicana, nei monumenti funerari posti lungo le vie di accesso alla città, da leggere nel più vasto programma di controllo delle istituzioni e della vita politica cittadina.
Le decorazioni ad affresco della tomba Arieti all’Esquilino con scene legate al combattimento e al trionfo, i gruppi scultorei in pietra da Campo Verano forse appartenenti a un monumento commemorativo, l’urna in marmo greco ancora dall’Esquilino costituiscono testimonianza del rango dei defunti cui erano pertinenti, ma sono anche spunti per valutare caratteri e livello del linguaggio artistico con cui erano espressi.
Statua di Ercole dell’Appia Antica, “salvata” dalla sorveglianza dell’archeologia preventiva