venerdì 19 Aprile 2024

Qualità della vita delle città italiane: alla voce “cultura” indicatori da rivedere

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Sono stati recentemente pubblicati i dati sulla qualità della vita nelle nostre città. Secondo tale classifica, la città che offre le migliori condizioni del nostro Paese è Belluno, seguita da Bologna e da Bolzano, mentre, sul versante opposto, la peggiore città è Crotone preceduta da Reggio Calabria e da Catanzaro.

Come evidenziato dalla nota metodologica, le valutazioni sono state eseguite sulla base di sei macro-categorie di riferimento:

a) Ricchezza e Consumi;

b) Affari e Lavoro;

c) Giustizia e Sicurezza;

d) Demografia e Società;

e) Ambiente e Servizi;

f) Cultura e Tempo libero.

A primeggiare per ricchezza e consumi sono, nell’ordine, Belluno, Bologna e Bolzano, per Affari e Lavoro invece, le migliori città sono Milano, Trieste e Roma. Le città più giuste e sicure sono Oristano, Pordenone e Sondrio; quelle con una migliore struttura sociale e demografica sono Bologna, Modena e Roma; sul versante ambiente e servizi primeggiano Pisa, Siena e Aosta mentre sul versante della Cultura e del Tempo Libero, le città considerate migliori per il nostro Paese sono Firenze, Trieste e Gorizia.

Al di là dei risultati, può essere interessante approfondire le valutazioni legate a quest’ultima macro-categoria. In pratica, ogni macro-categoria è formata da un set di indicatori, e le singole città sono state valutate sulla base di questi ultimi.

Per il settore Cultura e Tempo libero, quindi, gli indicatori che sono alla base della valutazione sono:

a) L’indice di sportività;

b) Palestre, piscine, centri per il benessere e stabilimenti termali;

c) Ristoranti (inclusa la ristorazione mobile);

d) Indice sport e bambini;

e) Amministratori comunali con meno di 40 anni;

f) Patrimonio museale;

g) Aziende agrituristiche;

h) Indice di lettura;

i) Banda Larga;

j) Penetrazione banda larga;

k) Verde urbano fruibile;

l) Partecipazione elettorale;

m) Librerie;

n) Bar;

o) Offerta culturale.

Si tratta, pertanto, di una dimensione molto ampia, che spazia dalla copertura di rete alla disponibilità di musei, dalle palestre alla lettura, fino alla “gioventù degli amministratori comunali”.

Con riferimento alle dimensioni più prettamente culturali, risulta importante stabilire che, ad esempio, l’indicatore “patrimonio museale” misura tale patrimonio per 100km2 ,  mentre l’indicatore “offerta culturale” misura gli spettacoli ogni mille abitanti; l’indice di lettura misura le copie di quotidiani acquistate ogni 100 abitanti, mentre le librerie sono misurate ogni 100.000 abitanti.

Ciò che è interessante notare è che, al di là delle “copie diffuse”, gli altri elementi della classifica che concernono gli aspetti culturali, sono tutti volti a misurare una dimensione “d’offerta”. Tale selezione ha senso, perché è chiaramente una classifica sulle città, e quindi una città che può “offrire di più” è giusto venga premiata.

È però anche vero che il “clima” di cultura non è semplicemente dato dal lato dell’offerta. E che non sempre è possibile porre, in ambito culturale, domanda ed offerta in una relazione biunivoca.

Detto in altri termini, se in un qualunque territorio sono aperti, per più anni consecutivi, 10 ristoranti, si può affermare con una certa dosa di approssimazione che: a) ci sono clienti sufficienti affinché questi ristoranti rimangano aperti (incassano sufficientemente); b) non ci sono le condizioni per aprire un’altra attività analoga.

Questo però non è certo il caso, ad esempio, dei “musei”: che in una città ci siano 10 musei non è affatto detto che ci siano visitatori sufficienti. O che quei 10 musei rispondano sotto il profilo qualitativo, alla domanda di cultura.

A ben vedere, questo tipo di “approccio”,  che nel caso specifico è sicuramente quello che maggiormente riesce a stabilire se il territorio vanti o meno una specifica offerta, è però spesso assunto come metrica di riferimento anche per altre tipologie di riflessioni.

Se tale relazione biunivoca fosse vera, allora per la disponibilità di patrimonio museale e biblioteche, gli italiani dovrebbero essere tra le persone più acculturate al mondo. E invece, siamo tra i Paesi Europei in cui è presente il maggiore analfabetismo funzionale.

Sarebbe interessante se, per le prossime classifiche, si prendesse in considerazione anche l’ipotesi di un ulteriore indicatore, e vale a dire il numero di visitatori di quel patrimonio museale; o i libri che sono stati consultati o presi in prestito dalle biblioteche.

Iniziare, cioè, a capire se l’offerta culturale presente in un territorio sia in grado di soddisfare le esigenze di quella specifica domanda territoriale. Se non facciamo un salto logico in questa direzione, giustificheremo sempre la realizzazione di un’offerta, a prescindere da come questa offerta venga effettivamente percepita, e utilizzata, dai cittadini.

Ma realizzare una cena di gala con quartetto d’archi in un contesto in cui le persone che possono apprezzare tale iniziativa sono davvero poche, non è divulgare cultura, è ostentare erudizione. E non è la stessa cosa.

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