giovedì 25 Aprile 2024

Italo Calvino e l’archeologia: un “reperto” di ricerche in area urbana a Parigi in un documentario del 1974

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Se possiamo vedere un grande scrittore come Italo Calvino alle prese con l’archeologia lo dobbiamo ad uno splendido documentario per la regia di Nereo Rapetti, un’intervista che Valerio Riva fece allo scrittore nel 1974, a Parigi, dove Calvino ormai viveva gran parte dell’anno. Manco a dirlo, fu prodotto per la Tv Svizzera (Rsi) che anche all’epoca si staccava per qualità dalla controparte italiana. In “Italo Calvino – Un uomo invisibile”, la voce dello scrittore arriva pacata a raccontarci del perché della sua vita alla periferia della capitale francese, benché il grosso dei suoi contatti fosse evidentemente a Torino, attorno all’Einaudi, casa editrice di cui fu un grandissimo animatore.

Ad un certo punto, fra un gran volare di colombi, l’intervistatore e l’autore della trilogia de “I nostri antenati” si trovano davanti a una gigantesca voragine, di tale ampiezza che anche le più imponenti macchine escavatrici appaiono quasi dei modellini. È il cantiere che ha raso al suolo Les Halles, i celebri mercati generali, il Ventre di Parigi, che da lì a poco sarà sostituito dal Forum des Halles, una (ovviamente gigantesca e futuribile) città sotteranea essenzialmente commerciale che sarà pronta cinque anni dopo le riprese, nel 1979.

Calvino e il suo ospite scendono nel cratere, e possono osservare da vicino un grande scavo di archeologia urbana, che in quel momento sta indagando tombe merovingie. Le immagini anni ’70, con uno degli archeologi che scava con la sua trowel in mano, la sciarpina e la pipa in bocca sono deliziose e anche, esse stesse, “archeologiche”.

Calvino sembra  muoversi a suo agio nell’archeologia di un centro urbano in “una città in cui le epoche si stratificano”, dice la voce narrante. Vengono in mente alcuni passaggi delle sue “Città invisibili“, il libro che, uscito nel 1972, a due anni di distanza era ancora lontano da divenire l’attuale testo di culto, buono per ogni citazione. Ma la nostra, in tema di archeologia urbana, non ci pare forzata, giudicate voi come descrive una delle sue “Città continue”: “Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d’ieri che s’ammucchiano nelle spazzature dell’altroieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri” (Le città invisibili, Le città continue.1.).

Il grande cantiere di Les Halles nel 1974 (frame dal documentario citato)

E ancora, poco dopo: “Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura. Ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta” (Le città invisibili, Le città continue.1.).

L’archeologia urbana è ben delineata, e, da grande visionario del futuro quale era sempre stato Calvino, anche quell'”archeologia del rifiuto” che ha un ruolo così importante e trasversale nelle ricerche dalla fine del XX secolo a tutto il XXI in pieno corso

In un saggio, non certo uno dei suoi più noti, Italo Calvino affronta esplicitamente il tema dell’archeologia: “Nel suo scavo l’archeologo rinviene utensili di cui ignora la destinazione, cocci di ceramica che non combaciano, giacimenti di altre ere da quella che s’aspettava di trovare lì: suo compito è descrivere pezzo per pezzo anche e soprattutto ciò che non riesce a finalizzare in una storia e in un uso, a ricostruire in una continuità e in un tutto.” (Lo sguardo dell’archeologo, 1972). Probabilmente ci sono archeologi contemporanei senza una visione altrettanto lucida.

il documentario integrale dagli archivi della Rsi a questo link:

https://www.rsi.ch/archivi/Italo-Calvino-Un-uomo-invisibile-15160939.html

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