venerdì 26 Aprile 2024

La “mappa dei crateri”, cartina dei bombardamenti in Veneto nella Prima e Seconda Guerra mondiale. L’università di Padova studia il rischio bellico ancora presente

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A oltre un secolo dalla fine della Grande Guerra e a 80 anni dalla fine della seconda Guerra Mondiale l’Università di Padova sta preparando una “mappa dei crateri”, una cartina particolareggiata dei bombardamenti che hanno colpito il Veneto durante i due conflitti, con il rischio ancora ben presente di trovare ordigni inesplosi. Il lavoro è già in una fase operativa avanzata, e inizia a riguardare i primi 100 comuni, soprattutto tra il Padovano e le Prealpi. In particolare le aree corrispondenti all’Altopiano di Asiago, l’area del Bassanese, parte dei Colli Euganei, l’Alta Padovana e l’interland di Padova. Particolare attenzione agli snodi ferroviari e viabilistici, come  i ponti sul principali fiumi: Adige, Brenta (nel video Fontaniva e Pontevigodarzere), Piave, Livenza, Tagliamento ecc., le principali città come Padova, Vicenza, Mestre, Porto Marghera, Cittadella e così via, in un accordo quadro tra Etra Spa, l’Università degli Studi di Padova (DiSSGeA) e il Consiglio di Bacino Brenta. Non si esclude, anzi si auspica, che il progetto possa espandersi a tutto il Nord Est, o almeno a tutto il Veneto (il progetto, partito un anno fa, ha una previsione di tre anni totali per il completamento).

GUARDA IL VIDEO SULLA “MAPPA DEI CRATERI” – PROGETTO VALUTAZIONE RISCHIO BELLICO VRB

Le scoperte archeologiche, sia pur di archeologia dei conflitti (conflict archaeology), in questo caso coincidono direttamente con la sicurezza della popolazione, mentre contemporaneamente si acquisiscono grandi dati per l’archeologia dei paesaggi (landscape archaeology)

Si tratta di un progetto estremamente innovativo – commenta il professor Aldino Bondesan –  che prevede, in un’area di quasi 2000 km2, la realizzazione della prima cartografia del rischio bellico in Italia. Saranno integrati in un unico sistema informativo dati storici e geografici attraverso il contributo di specialisti diversi. Solo la provincia di Trento ed il Comune di Milano hanno avviato degli interessanti progetti di censimento sistematico, che però sono limitati ai soli bombardamenti aerei, mentre il Progetto VRB raccoglie ed analizza, con un approccio multisciplinare, un’enorme mole di informazioni, attingendo a decine di banche dati sia della Prima che della Seconda guerra, esaminando migliaia di documenti storici, rilievi aerofotografici e cartografia storica. Si abbandona quindi l’approccio meramente descrittivo degli eventi bellici del passato, e si restituisce una rappresentazione geograficamente rigorosa e scientificamente accurata, anche secondo le esperienze condotte all’estero, in particolare in Gran Bretagna, dove questi studi sono più avanzati. Infine. L’impiego del telerilevamento e di strumentazione geofisica tecnologicamente allo stato dell’arte, così come  la collaborazione con le imprese, avrà importanti ricadute applicative nel campo della ricerca di ordigni bellici“.

La mappa dei crateri dei bombardamenti della Prima e Seconda Guerra Mondiale in Veneto: progetto VRB, valutazione rischio bellico

Da un lato ci sono le aree di decine di chilometri con i bombardamenti di artiglieria della Grande Guerra, i cui segni sono ancora presenti nel paesaggio, basti pensare ai cantieri dell’Altopiano di Asiago-sette Comuni e al Grappa. Bombardamenti a cui non va sottratta l’azione della sempre più efficiente arma aerea- Poi, naturalmente, c’è la seconda Guerra mondiale, “si stima che siano state sganciate in Italia quasi 400.000 tonnellate di bombe) e i tratti di fronte interessati dalle Grande Guerra, il DISSGEA-–Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità, ha dato avvio alla realizzazione di un Sistema Informativo Geografico in grado di mappare il rischio di ritrovamento di ordigni bellici inesplosi (Progetto VRB)”, secondo quanto scrive l’università di Padova.

Il progetto presenta delle importanti ed immediate ricadute applicative, potendo orientare le indagini che da circa dieci anni sono state rese obbligatorie al fine di garantire la sicurezza nei cantieri di scavo e ad indirizzare i provvedimenti di Bonifica da Ordigni Bellici (BOB). La grande quantità di ordigni bellici inesplosi ancora presente è determinata dell’inefficacia degli ordigni utilizzati. Le bombe guidate fecero la loro comparsa solo nella seconda parte della guerra ed in numero molto limitato, perciò si fecce massicciamente ricorso al munizionamento convenzionale con bombe a caduta libera.

Si valuta che mediamente una bomba su dieci fosse difettosa. I sistemi di puntamento da alta quota (i bombardieri sganciavano da 6000 metri), benché perfezionati durante la guerra, mantenevano un margine di imprecisione molto elevato. Gli alleati avevano calcolato che per colpire un bersaglio di 20×30 metri, fossero statisticamente necessarie ben 9000 bombe. Sicuramente ne servivano molte centinaia per colpire un ponte o una stazione ferroviaria.

La dispersione delle esplosioni attorno all’obiettivo aveva un raggio superiore al chilometro, perciò, per colpire un bersaglio in un’area urbana (una fabbrica, una stazione, un edificio pubblico) si provocavano danni in un’area più grande di tre chilometri quadrati, mettendo a rischio migliaia di abitazioni.

Gli ordigni inesplosi potevano penetrare nel terreno anche per dieci metri, vanificando la possibilità di recuperarli durante le operazioni di sminamento. E’ infatti frequente anche oggi il ritrovamento di bombe d’aereo anche a grandi profondità. La realizzazione del Sistema Informativo Geografico sarà attuata attraverso una approfondita ricerca storico-documentale e l’elaborazione di cartografia tematica specifica, dove il contributo degli archivi storico militari nazionali e stranieri, e dei musei locali, sarà fondamentale. La cartografia di rischio bellico rappresenta pertanto uno strumento fondamentale non solo per la pianificazione territoriale e i cantieri di scavo, ai fini di minimizzare il rischio per operatori e strutture, ma anche per la conoscenza delle vicende storico-militari che hanno interessato i territori analizzati nel corso del Novecento, di preminente interesse per la ricerca universitaria padovana.

Il progetto prevede inoltre la realizzazione di siti test dove saranno interrati dei bersagli artificiali (dei simulacri di bombe) dove impiegare strumentazione geofisica d’avanguardia per valutare le migliori metodologie da utilizzare nella ricerca sul campo. Non solo metal-detector quindi, ma georadar, magnetometri ed elettromagnetometri, sistemi più complessi e sofisticati che misurano rispettivamente le anomalie del campo magnetico terrestre e la propagazione delle onde elettromagnetiche nel sottosuolo e sono pertanto in grado di rilevare masse ferrose che alterano queste grandezze.

Collabora anche il Dipartimento di Geoscienze, col coordinamento del prof. Matteo Massironi,  Il progetto si trova ad uno stadio relativamente avanzato poiché usufruisce dei risultati di progetti correlati (Progetto ARCA – Archivio Cartografico e Aerofotografico della Prima Guerra Mondiale), Progetto Alisto e studi di cartografia militare condotti in particolare nell’area del fronte del Piave e in corrispondenza di alcuni obiettivi importanti dei bombardamenti alleati della Seconda Guerra Mondiale.

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