giovedì 25 Aprile 2024

Oltre il finanziamento: la grande scommessa del Parco Archeologico di Altino

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È ambizioso il progetto di Altino: costruire un Parco Archeologico che coniughi esperienza naturalistica e fruizione archeologica della città, ancora in larga parte sepolta, sorta in un’area abitata già durante le fasi preistoriche che ha raggiunto la sua massima espansione durante la sua fase di romanizzazione. L’area è di estremo interesse: Altinum è infatti da molti definita come la “Venezia prima di Venezia”, dalla quale è oggi raggiungibile sia via terra, mediante percorsi pedonali e piste ciclabili immerse nella natura, sia via acqua.

Più nel dettaglio, il progetto, finanziato dal Ministero della Cultura per 1.7 milioni di euro, come illustrato da Marianna Bressan, Direttore del Museo Nazionale e Area Archeologica di Altino, prevede di “ricucire” i frammenti sparsi che oggi insistono sul territorio di Altino. “Oggi il museo dista 700 metri dalle aree archeologiche, e le aree sono accessibili da ingressi indipendenti, e indipendenti dal vecchio museo che oggi chiamiamo Altino Lab”.

Gran parte del finanziamento, quindi, sarà utilizzato per realizzare un “parco archeologico” perimetrato, definendo una continuità tra la prima area archeologica e Altino Lab e migliorando il collegamento tra Altino Lab e la seconda area archeologica, che pur non presentando reperti archeologici “visibili”, sorge proprio sopra l’antica città. Interventi necessari, che oggi trovano risorse per poter essere attuati, ma che da soli non spiegherebbero perché, quello del Parco Archeologico di Altino, sia un progetto realmente ambizioso.

Ciò che rende il progetto ambizioso, infatti, è la volontà di costruire nella Laguna Veneta, attraverso la messa a sistema tra patrimonio archeologico e patrimonio paesaggistico, un Sito che riesca a generare nuovi flussi turistici all’interno del territorio, favorendo soprattutto l’affermarsi di un turismo “consapevole” e “sostenibile”. Un obiettivo che vede nella vicina Venezia, destinazione turistica e culturale tra le più famose al mondo, una grande opportunità, ma anche, inevitabilmente, una grande minaccia.

Se da un lato gli imponenti flussi turistici che ogni anno popolano la città di Venezia sono senza dubbio un “bacino potenziale di visitatori”, fare in modo che l’esperienza di Altino possa affermarsi sarà senza dubbio una importante sfida. Una sfida che richiede una strategia attuativa scrupolosamente dettagliata, e una importante gestione di tutte quelle attività di “relazione” con i cittadini, con i turisti di prossimità e con i turisti internazionali.

QUI IL MUSEO E L’AREA ARCHEOLOGICA ATTUALE DI ALTINO:

 

Che una sfida di questo tipo richieda interventi che non si limitino dunque ai soli aspetti strutturali è pacifico. Così come è pacifico che il raggiungimento degli obiettivi non possa semplicemente essere demandato ad una strategia basata sulle pubblicità a pagamento. È necessario intervenire in modo organico, costruendo da un lato una “narrazione” di Altino, e dall’altro predisponendo una serie di processi e procedure che permettano di gestire al meglio tutte le attività che sarà necessario implementare, evitando che le differenti professionalità coinvolte agiscano secondo un approccio “isolato”, ma creando un’organizzazione interna che strutturi il lavoro di ciascuna funzione (dalle visite guidate, alla comunicazione), secondo un approccio unitario.

Intervenire sui processi di creazione di “senso”, definendo una strategia di “relazione” più che di comunicazione, utilizzando tutti i numerosi strumenti che oggi è possibile utilizzare. La creazione di percorsi didattici, la gestione dei rapporti con il terzo settore, la creazione e il mantenimento di relazioni con i più importanti intermediari turistici presenti sul territorio lagunare, la definizione di esperienze segmentate sulla base delle esigenze del potenziale visitatore, la previsione di iniziative, eventi, mostre e progetti attraverso i quali da un lato popolare il futuro Parco Archeologico e dall’altro poterlo comunicare a cittadini e turisti con frequenza regolare, la più fitta possibile.

Terminati i lavori, infatti, l’impegno dovrà essere rivolto a definire una serie di esperienze e servizi che nel pieno rispetto della scientificità del Parco, contribuiscano a costruire quella che gli esperti di comunicazione chiamano “brand awareness” e che nella vita quotidiana è quel “venire in mente” quando si cerca qualcosa da visitare o da fare.

Dal punto di vista concreto, mettere in piedi una “macchina” del genere richiede tempo, ed è per questo che se da un lato è opportuno festeggiare per il finanziamento, dall’altro è già tempo di rimboccarsi le maniche, ed iniziare ad impostare la strategia in modo che tutto sia pronto prima che i lavori possano essere terminati.

Stefano Monti     Economista – Comitato editoriale di ArchaeoReporter

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