Il caso degli scavi archeologici a Civita Giuliana (Parco archeologico di Pompei) si rivela quanto mai emblematico. In primo luogo, la villa suburbana si delinea come tassello fondamentale nel complesso mosaico ricompositivo della storia e dell’archeologia romana. Le ultime importanti scoperte consentono infatti di riaccendere i riflettori su una delle più significative ville del territorio vesuviano e sull’importanza del suburbio nella raccolta di nuovi ed eccezionali dati scientifici. Inoltre, la firma di un protocollo d’intesa tra il Parco archeologico di Pompei e il Tribunale di Torre Annunziata (agosto 2019) ha dato avvio ad un modello pilota per contrastare il saccheggio e il traffico di reperti archeologici. Scopo del protocollo è proprio l’attivazione di un costante e rapido canale di scambio di informazioni e notizie e l’attuazione di procedure condivise, nel rispetto delle reciproche attribuzioni e competenze, volte ad interrompere l’azione criminale e arrestare la spoliazione di siti archeologici, spesso reiterata, scongiurandone la prosecuzione. Insomma, agire prima che spariscano molti manufatti, per lo meno i pezzi più “spendibili”, nel mercato clandestino. Della distruzione criminale del contesto, poi, meglio non parlarne
Le ultime scoperte: dal carro cerimoniale alla “stanza degli schiavi”


Il 2021 è un anno particolarmente propizio per il progetto di scavo di Civita Giuliana. Nel mese di gennaio una ben orchestrata operazione mediatica ha diffuso la notizia del rinvenimento di un grande carro cerimoniale a quattro ruote, con i suoi elementi in ferro, le bellissime decorazioni in bronzo e stagno, i resti lignei mineralizzati, le impronte degli elementi organici (dalle corde a resti di decorazioni vegetali). La scoperta è avvenuta nel porticato antistante alla stalla dove già nel 2018 erano emersi i resti di tre equidi, tra cui un cavallo bardato.
L’archeologia degli invisibili
La prosecuzione degli scavi a Civita Giuliana ha portato ora in luce uno dei modesti alloggi degli addetti che si occupavano del lavoro quotidiano all’interno della villa suburbana. La scoperta rende più tangibile quella che era la condizione umile degli schiavi che vivevano in spazi angusti, probabilmente utilizzati anche come ripostigli, come dimostrano otto anfore stipate negli angoli. All’interno dell’ambiente sono state trovate tre brandine in legno, composte da poche assi lignee sommariamente lavorate, oltre a una cassa lignea con oggetti in metallo e in tessuto che sembrano far parte dei finimenti dei cavalli. Inoltre, appoggiato su uno dei letti, è stato trovato un timone di un carro, di cui è stato effettuato un calco. Mentre due dei letti hanno una lunghezza pari a 1,70 m circa, un letto misura appena 1,40 m, per cui potrebbe essere di un ragazzo o di un bambino. La rete dei letti è formata da corde, le cui impronte sono parzialmente leggibili nella cinerite, e al di sopra delle quali furono messe coperte in tessuto, anch’esse conservate come cavità nel terreno e restituite attraverso il metodo dei calchi. Al di sotto delle brandine si trovavano pochi oggetti personali, tra cui anfore poggiate per conservare oggetti, brocche in ceramica e il “vaso da notte”. L’ambiente era illuminato da una piccola finestra in alto e non presentava decorazioni parietali.


“Si tratta di una finestra nella realtà precaria di persone che appaiono raramente nelle fonti storiche, scritte quasi esclusivamente da uomini appartenenti all’élite, e che per questo rischiano di rimanere invisibili nei grandi racconti storici. È un caso in cui l’archeologia ci aiuta a scoprire una parte del mondo antico che conosciamo poco, ma che è estremamente importante” – dichiara il direttore generale del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel. Un fatto di straordinaria importanza, non solo per l’eccezionale stato di conservazione dell’ambiente e degli arredi al suo interno, ma anche perché aggiunge nozioni su una parte del mondo antico che normalmente rimane all’oscuro e viene ignorata dalle fonti scritte. Si tratta quindi di uno spaccato raro e, al tempo stesso, vivissimo sulla realtà quotidiana degli schiavi nel mondo romano.
La scoperta di Civita Giuliana e le prime esplorazioni


La villa in località Civita Giuliana, nella zona a nord di Pompei, fa parte del popolato suburbio dell’antica città che si sviluppava all’esterno delle mura perimetrali. Risulta importante precisare che la villa non ha ancora un nome in quanto non è emerso dagli scavi un elemento, come una targa, una lapide o un graffito, che abbia reso possibile la sua certa attribuzione a un antico pompeiano. Della villa d’epoca romana, ancora in gran parte da scavare, è noto che le due collinette della Civita e della Giuliana, addossate agli scavi di Pompei ospitavano numerose villae suburbane, sia le ville rustiche che le ville d’ozio dei ricchi proprietari terrieri pompeiani che vi si recavano per riposo e svago nelle stagioni propizie. Verso la metà del Millecinquecento un Tabulario della Corte napoletana, Pietro Lettieri, scriveva così, dovendosi recare presso la antica “…città di Pompei, in quello alto che stà in fronte la Torre della Nonciata et in detto locho ne appareno più vestigii”. Il riferimento a Pompei è diretto come è evidente e inequivocabile anche quello dedicato a “quello alto”, cioè alle alture della Civita e della Giuliana, dove già allora si verificano ritrovamenti, ben due secoli prima che si aprisse la campagna degli scavi pompeiani, per volere di Don Carlos di Borbone, re di Napoli e futuro Carlo III di Spagna.
Tra il 1907 e il 1908 si iniziarono a condurre una serie di scavi ad opera del Marchese Giovanni Imperiali. Durante i lavori emersero quindici ambienti riferibili a due settori della villa, uno residenziale e l’altro produttivo. Il settore residenziale si articolava intorno ad un peristilio a pianta rettangolare, delimitato sui lati nord ed est da un porticato sorretto da colonne in muratura, mentre il lato occidentale era delimitato da un lungo criptoportico coperto da una terrazza su cui si apriva il peristilio con l’affaccio sul terreno antistante. Sul lato orientale del peristilio furono messi in luce cinque ambienti (gli unici di cui è stato possibile ubicare esattamente le strutture grazie alla documentazione fotografica dello scavo), decorati con pitture di III e IV stile, che restituirono una varietà tipologica di oggetti riferibile alla vita quotidiana, all’ornamento personale, al culto domestico. Del settore produttivo, posto probabilmente sul lato nord-orientale dell’edificio, non si hanno informazioni tali da poterlo ubicare con certezza, ma sicuramente era costituito da un torcularium, da una cella vinaria e da altri ambienti adibiti allo stoccaggio delle derrate prodotte nel fondo agricolo che circondava l’edificio; incerta anche la posizione di un larario dipinto posto all’angolo sud-orientale del cortile. Negli anni a seguire, altri rinvenimenti casuali rivelarono ulteriori resti di strutture, come alcuni setti murari e due muri paralleli e perpendicolari al tracciato stradale, uniti da un muro di collegamento in opus craticium.
Lo scavo in corso


Negli anni passati la villa di Civita Giuliana è stata sistematicamente saccheggiata dalle incursioni di scavatori clandestini collegati a trafficanti di beni archeologici, come si è verificato per secoli in passato. La concomitanza della firma di un protocollo d’intesa con il Tribunale di Torre Annunziata e la presenza del team qualificato e interdisciplinare del Parco archeologico di Pompei ha portato sulla scena i silenziosi ma fondamentali protagonisti del successo dello scavo in corso.
Lo scavo attuale ha rilevato la presenza di una struttura a pianta rettangolare, realizzata con muri in opus reticulatum per un’altezza pari a 5 metri, con alcuni ambienti disposti su due piani. La struttura comprende almeno cinque ambienti di forma quadrangolare, tutti interessati dal crollo delle tegole del tetto e del pavimento del piano superiore. Al momento sono stati esplorati due ambienti, denominati “d” e “e”. L’ambiente “d” è caratterizzato sul lato ovest dalla presenza di una porta e di una piccola finestra strombata di cui si conserva ancora la piattabanda in legno; sul lato est è una sola finestra quadrangolare, apertura attraverso la quale sono entrati i depositi di flusso piroclastico. Il muro meridionale ospita un’edicola quadrangolare, un piccolo larario, delimitato da una cornice d’intonaco, all’interno del quale si è rinvenuta una basetta quadrangolare in marmo e sotto cui erano posti una coppa-incensiere, due pentole ed una lucerna, poggiati su una mensola lignea di cui è stato possibile eseguire il calco. La particolarità di seppellimento dell’ambiente, occupato per quasi la totalità dal flusso piroclastico, ha permesso di realizzare i calchi in gesso anche di due arredi, uno sicuramente un letto, e di recuperare le tracce di una stuoia o tessuto posta al di sopra della rete in corda del letto. L’ambiente “e” era una stalla che ha permesso, sempre attraverso la tecnica dei calchi, di recuperare una lunga mangiatoia in legno e due cavalli. La scoperta nella porzione orientale dell’area di un setto murario costeggiato da una stradina in terra battuta ha definito, su questo lato, il confine della proprietà della villa.


Il progetto di scavo in corso concorre pertanto a un duplice obiettivo. Da un lato, la cooperazione nelle indagini con la Procura di Torre Annunziata per arrestare il depredamento del patrimonio culturale ad opera di clandestini che, nel corso degli anni, avevano praticato diversi cunicoli per intercettare tesori archeologici. Dall’altro, la finalità è quella di portare in luce e valorizzare una delle più significative ville del comprensorio vesuviano. Un lavoro che, infine, consente di proseguire nell’incessante scoperta di nuovi ed emozionati volti del passato: un coro di voci che, come in questo caso, ci parlano di una quotidianità spesso, troppo spesso, rimasta nell’ombra.
SCAVI A POMPEI 2021:
Nuovi scavi archeologici a Pompei nell’estate 2021, un grande edificio sotto il Foro – Con VIDEO