giovedì 25 Aprile 2024

Ridare dignità agli archeologi e all’archeologia della Sicilia – Un appello delle Consulte Universitarie di Archeologia

In Evidenza

La Federazione delle Consulte Universitarie di Archeologia, un organismo unitario che raccoglie la quasi totalità dei professori universitari di archeologia (Consulte universitarie di: Preistoria e protostoria; Archeologia del mondo classico; Archeologie Postclassiche; Numismatica; Studi sull’Asia e sull‘Africa; Antropologia), sta seguendo con viva preoccupazione la sempre più difficile situazione dell’archeologia in Sicilia.

Sta per essere varata dal Governo regionale della Sicilia l’ennesima “rimodulazione” degli uffici della pubblica amministrazione, che avrà gravissime conseguenze sul sistema di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale siciliano. Formalmente per adeguarsi ai termini dell’accordo Stato-Regione sulla spalmatura del debito siciliano, che prevede un significativo taglio delle postazioni dirigenziali, il Governo regionale porta a compimento un processo, iniziato da più di un decennio, di eradicazione degli archeologi e dell’archeologia dal sistema siciliano dei beni culturali. Non viene tagliato il numero, in realtà modellato su quello dei dirigenti attualmente in servizio, ma vengono tagliate le sezioni di Soprintendenze e Parchi, modificando di fatto, con un provvedimento amministrativo, le leggi con le quali è stato creato il sistema siciliano di tutela e valorizzazione. Infatti, le sezioni tecnico- scientifiche previste per legge (la L.r. 80/77 tuttora vigente all’art 12 prevede che debbano essere cinque: ambientale, archeologica, architettonico-urbanistica, storico-artistica e bibliografica), vengono accorpate in due sole mega unità operative, che assommeranno, in maniera assai discutibile, l’una le competenze sui beni architettonici, storico-artistici, paesaggistici e demoetnoantropologici, l’altra quelle sui beni archeologici, archivistici e bibliografici.

I parchi archeologici, a esclusione dei maggiori (Agrigento, Taormina, Piazza Armerina, Siracusa), avranno al loro interno un’unica unità operativa, che dovrebbe assolvere a tutti i compiti dell’istituto: gestione del personale, contenzioso, gare e contratti, contabilità, ufficiale rogante, ricerca scientifica, fruizione, valorizzazione, gestione dei siti dipendenti, manutenzione e restauro. Scompare dunque la distinzione tra ruoli amministrativi e ruoli tecnico-scientifici, accorpati in un unico ufficio e sotto un’unica responsabilità che sarà affidata ad un dirigente generico che potrebbe non avere alcuna attinenza con i beni culturali. Nel parco di Agrigento, il primo ad essere istituito in Italia, scompare l’unità operativa “beni archeologici”, per essere sostituita da un’unica sezione tra i cui compiti non sono compresi quelli della ricerca archeologica, della comunicazione, della didattica, compiti principali del Parco secondo la legge che lo ha istituito.

È evidente che con questa “rimodulazione” si perseguono in realtà due obiettivi fondamentali:

  • Eliminare alla radice lo scandalo delle unità tecnico-scientifiche affidate a dirigenti non dotati dei requisiti previsti dalla normativa regionale e nazionale, semplicemente eliminando le unità tecnico-scientifiche;
  • Rimuovere dal sistema una figura professionale ritenuta scomoda, quella dell’archeologo, il cui intervento si ritiene pregiudizialmente rallenti l’iter dei lavori pubblici, blocchi l’iniziativa privata, richieda alle iniziative di valorizzazione standard scientifici troppo elevati per poter essere rispettati.

Nella regione con uno dei patrimoni archeologici più ricchi e complessi del Paese, sono archeologi soltanto 4 su 14 direttori di Parchi archeologici; solo una sezione archeologica di soprintendenza ha un responsabile archeologo; neanche uno dei soprintendenti siciliani è archeologo. Stupisce poi l’affermazione del Presidente della Regione, secondo cui gli archeologi non debbano dirigere i Parchi archeologici, diversamente da quanto accade nel resto d’Italia.

Peraltro il sistema, per come si è configurato attualmente, non sembra brilli per efficienza: lunghissimi i tempi di risposta all’utenza, solo l’8% la percentuale di fondi europei spesi dall’Assessorato Beni Culturali.

La Federazione delle Consulte Universitarie di Archeologia chiede con forza di rendere omogenea l’organizzazione dell’Assessorato Regionale Beni Culturali a quella del corrispondente Ministero, affidando ai funzionari archeologi, già in servizio nell’amministrazione, la responsabilità delle sezioni tecnico-scientifiche, ottenendo così di riportare alla legittimità e alla legalità gli organi di tutela e di valorizzazione, nell’ambito di un piano realmente finalizzato alla riduzione delle postazioni dirigenziali , a un vero risparmio di spesa e a ridare efficienza al sistema. Soltanto una vera riorganizzazione fondata sulla valorizzazione delle competenze e su una effettiva razionalizzazione può, inoltre, aprire le porte all’immissione nei ruoli dell’Assessorato regionale di giovani professionisti dei beni culturali, ai quali oggi non viene offerta nessuna chance nell’isola.

Come docenti di archeologia non possiamo non denunciare dunque le la evidente sottovalutazione della figura dell’archeologo e le minacce alla tutela del patrimonio archeologico che provengono dalla mancanza di competenze professionali di chi ha la responsabilità di garantire che la tutela sia effettivamente realizzata; l’incapacità di accedere ai fondi che potrebbero permettere importanti interventi di ricerca, conservazione e valorizzazione per la scarsa conoscenza del patrimonio e dei suoi bisogni da parte di chi dovrebbe progettare gli interventi; la mancanza di opportunità offerte in Sicilia ai giovani professionisti per l’impossibilità di indire concorsi nell’attuale situazione di caos organizzativo e per la carenza di progetti di ricerca, comunicazione, didattica promossi dall’Assessorato. Si chiede, infine, che fine abbia fatto il Consiglio Regionale dei Beni Culturali, organismo tecnico-scientifico prezioso per indirizzare le scelte dell’Assessorato.

Ci rivolgiamo dunque al Presidente della Regione e all’Assessore per i Beni Culturali perché vogliano invertire la rotta, bloccando in primo luogo la “rimodulazione” e procedendo a una vera e razionale riorganizzazione, per fermare la crisi, al contrario, rilanciando il “modello siciliano” di tutela e valorizzazione dei beni culturali, contribuendo ad arginare l’emorragia dall’isola di giovani con alta formazione e ancora ricchi di energie da mettere a disposizione del patrimonio culturale siciliano.

*Comunicato della Federazione Consulte Universitarie di Archeologia

FORSE PUÒ INTERESSARE ANCHE:

All’origine delle tonnare siciliane: il progetto archeologico internazionale Archeofish, tra garum e salsamenta

 

Altri articoli

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

News