Gli scavi archeologici di Cervia Vecchia iniziano a raccontare una storia della Romagna costiera ancora da scrivere. Al valore scientifico si aggiunge l’incomparabile suggestione ambientale, dove un centro abitato nascosto da secoli ricompare, grazie a un progetto di ampio respiro, tra le antiche saline cervesi, in coabitazione con il duro lavoro dell’uomo e lo spettacolo di fenicotteri e aironi.
QUI IL VIDEO-REPORTAGE SULLO SCAVO A CERVIA VECCHIA:
Lo scavo, diretto dal professor Andrea Augenti, dell’Università di Bologna, è partito due anni fa, ma i risultati promettono di essere di grande peso, perchè la Cervia Vecchia appare ancora molto “leggibile” archeologicamente, a cominciare dalla rocca costruita per proteggere la preziosa produzione di sale, già riapparsa chiaramente “in pianta” grazie a imponenti strutture murarie, comprese di mastio, poco sotto alcune decine di centimetri dalla superficie coltivata, e ancora da indagare negli strati più antichi. La rocca è presente nelle carte cinquecentesche disegnate da Antonio da Sangallo il Giovane, nel suo vasto lavoro sulla Romagna. Gli archeologi in un certo senso sono andati “a colpo sicuro”, ma non era per nulla scontato che già appena sotto l’arativo, dove ora è una vasta distesa di stoppie per la secoiare attività agricola, le strutture fossero ancora così chiare.
Nell’area le saline erano sfruttate già in epoca romana (probabilmente un vicus è da individuare poco distante dallo scavo medievale), ma è con la distruzione di Comacchio da parte dei veneziani che il sito assume un grande valore strategico per la produzione del sale, elemento imprescindibile per la conservazione dei cibi e per l’allevamento, oltre che per l’alimentazione umana. le valutazioni di tipo cronologico sono in corso, ma sembra più che probabile, dai primi risultati degli scavi, che prima del X secolo d.C. Cervia Vecchia fosse già attiva. In questo caso si vede un affascinante percorso lungo la costa dell’Adriatico attorno al delta del Po, che fa registrare la fine del porto di Classe, quando l’economia “globalizzata” del mondo tardo-antico si sfalda, lasciando lo spazio ad economie suìddivise su base regionale, con il ruolo importante dei mercanti bizantini (appunto, Comacchio) e poi con le necessità di Ravenna, e in seguito degli altri signori (tra cui i Malatesta) di mantenere un controllo produttivo sulle saline.
Cervia Vecchia resta attiva almeno fino al XVII secolo, e ancora nel Settecento le antiche strutture vengono utilizzate per lo stoccaggio del sale e per altri usi logistici. Il resto, in pratica, viene “smontato” per essere riutilizzato come utile materiale edilizio nel nucleo attuale di Cervia, sulla costa, che nel frattempo era inesorabilmente avanzata.
Lo scavo di Cervia Vecchia fa emergere importanti reperti “parlanti”, come un rarissimo (solo cinque conosciuti) quadrangulum raffigurante i martiri Stefano e Lorenzo, il segno distintivo di un pellegrino che era stato a Roma nel primo Anno Santo, nel 1300. Ci illustra quindi una Cervia ben inserita sulla strada Romea, punto di passaggio per i pellegrini o essa stessa comunità il grado di far arrivare alcuni suoi membri al Giubileo nella capitale della cristianità, atto di fede desiderato ma molto impegnativo in termini di tempo e risorse.


Gli altri reperti si riferiscono a una grande quantità di frammenti ceramici, di pregio o comuni, dal Medioevo al Rinascimento fino alle soglie dell’abbandono del sito. Una quantità di materiale che permetterà agli studiosi, nel tempo, una valutazione delle produzioni, dei commerci, dei contatti della comunità cervese dell’epoca, legando questo tratto di costa all’entroterra e anche all’Adriatico che ne costituisce la linfa vitale.
QUI IL VIDEO: LA VITA DI CERVIA VECCHIA ATTRAVERSO LE CERAMICHE:
Lo scavo archeologico di Cervia, di fatto, restituisce non solo la storia della città ai cervesi, ma unisce molti puntini mancanti per un disegno complessivo, che racconta le stagioni degli empori adriatici, come Adria e Spina, le fortune alterne di grandi centri di commercio e di produzione del sale, come Comacchio e Cervia, con sullo sfondo la grandiosità del porto di Classe, rifulgente più delle anfore dei suoi commerci che delle tessere di mosaico della sua città di riferimento, la Ravenna imperiale e tardo-antica. È la fine di Classe a segnare lo spartiacque di un’epoca e a mettere in movimento le dinamiche di insediamento, vita e commerci tra il Delta del Po e la cangiante costa di Romagna.
NOTA BIBLIOGRAFICA:
Augenti, A.; Bondi, M.; Cavalazzi, M., Fiorini, A. e Sericola, M.(2020) Archeologia dei paesaggi nel territorio ravennate: il Progetto Cervia. Archeologia medievale : cultura materiale, insediamenti, territorio : XLVII, 2020, pp. 115-139
Per un inquadramento dell’archeologia dei porti nella fase di passaggio presa in esame (quindi non specificatamente su Cervia, le cui indagini sono più recenti):
Augenti, A. (2018). Città e porti dall’Antichità al Medioevo. Roma: Carocci editore.
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