“Ulisse il piacere della scoperta” di Alberto Angela cancellato dalla prima serata Rai Uno per “pochi ascolti”? Questo – leggiamo – sarebbe il fulmine caduto tra chi apprezza i programmi di divulgazione culturale su televisioni “mainstream“. Bene precisare che quasi immediatamente, vedendo la malparata, sembra essere stata ingranata una retromarcia da parte dei vertici (parlano di ritardo di alcune puntate per Covid…mah). Su questo ovviamente siamo in pieno flusso di notizie (notate che, dalla foto, a rilanciare questa versione sono soprattutto giornali politicamente schierati. Edit: 21.45. I tweet dei dirigenti Rai che parlano di Covid come causa della sospensione di due puntate – cosa non molto “solida” quando si sa come lavora una post-produzione con deadline precise pur di non mancarle – sono comunque posteriori alla rabbia montante sui social)
Ma in senso generale stiamo parlando di una rarità – programmi culturali in prime time, fascia auditel pregiata, con aspettative notevoli degli inserzionisti e con dinamiche feroci, “ignoranti” e senza sconti: o “funzioni”, o fuori, sospeso, spostato ad altro orario, rimodulato in palinsesto, ditela un po’ dome volete. Quando un programma culturale funziona, con un pubblico distratto e difficile come quello italiano, in genere ci sono i titoli delle rubriche specializzate e degli editorialisti del seguente tenore: “Quando la cultura batte la fiction…”; “E gli italiani scoprirono la lirica in prima serata…” e così via.
In queste poche fortunate eccezioni, gli Angela, padre prima e figlio poi, sono spesso stati presenti, quasi un brand di “programmi culturali che fanno ascolti”. Certo usando un registro adatto ai molti, in un’opera tra il didascalico, lo spettacolare e il tutorial, insomma, con la necessità di entrare nelle case di chi, a volte, non possiede neppure un libro sullo scaffale da quando anche le Pagine Gialle sono scomparse. Poi possiamo pensare che questi programmi non ci piacciono, che non sono all’altezza, che la tv noi non la guardiamo, che c’è il web. Ma sbaglieremmo, perchè almeno il 40% della popolazione resta ancorata proprio alla tv “tradizionale”, maistream. Li vogliamo ignorare?
L’essenza della notizia, quindi, non è questa della chiusura, vera, presunta, ritardata etc. Le logiche commerciali, anche della tv pubblica imbottita di canone fin sopra le orecchie, non sono purtroppo una novità. Per i non addetti ai lavori, cosa si intende per “pochi ascolti”? I dati Auditel che troviamo sul web ci dicono 3.388.000 telespettatori con il 14,96% di share il 21 aprile, il 28 aprile, a 3.190.000 telespettatori al 13,88% di share, fino alla puntata sugli Etruschi 2.833.000 telespettatori ed il 12,87% di share, il 5 maggio.Nella casistica generale, guardando con il paraocchi, sono “pochi ascolti” per la principale rete Rai. Dati con cui si dovranno fare i conti alla prossima stagione parlando con i centri media, ossia con chi assegna la pubblicità alle reti e mette i soldi.
Quando si fano queste valutazioni, però, si omette sempre un dato importante: giusto che la Rai cerchi di essere sul mercato concorrenziale con gli ascolti, ma senza dimenticarsi di essere un servizio pubblico, lautamente sovvenzionato, forzatamente, dal canone televisivo, ora “prelevato” tramite le bollette, volenti o nolenti. Insomma, di fatto la Rai, servizio pubblico, è anche un’azienda che non gioca secondo le regole del mercato per intero. E che, quindi, deve riformulare la domanda: quasi tre milioni di italiani che “visitano” luoghi simbolo ed entrano in contatto con gli Etruschi, magari per la prima volta dopo due paginette alle medie, sono pochi?
La risposta è “no“, quei tre milioni di italiani sono un bene preziosissimo, questa è l’essenza della notizia, che cercano di avvicinarsi in modo attivo (il telecomando è anche “attivo” e non passivo) sulla tv generalista. Che poi avranno, in parte, voglia di scoprire il territorio, e magari per una mezza giornata ruberanno alla spiaggia una visita in un parco archeologico, a un museo, a una città .Ma non crediate che Rai faccia queste scelte solo con il prime time. La Rai aveva fatto sparire anche i bellissimi programmi di Philippe Daverio, salvo poi riscoprire le repliche. La Rai ha salvato per il rotto della cuffia Rai Storia, sempre in bilico. E le private, Mediaset in testa, non sono ovviamente da meno: “Viaggio nella Grande Bellezza, sui capolavori italiani, è evaporato come una fumarola a fine quaternario…
Chi scrive conosce, da 33 anni, i meccanismi della televisione al confronto con la cultura: tutti dicono di averla come priorità, di volerla fare, di averla come missione. Ma basta uno share zoppicante e, invece di intervenire sul programma, adattarlo, insistere nella “missione”, accettare anche un ascolto più basso nel nome di questa “crociata culturale” di cui tutti si riempiono la bocca nella presentazine annuale dei palinsesti, la soluzione è sempre quella: spostare in palinsesto, sospendere, annullare.
Insomma, neanche i “brand” vincenti come Alberto Angela, o un Benigni in versione Divina Commedia nazional-popolare, o un Muti alla Scala sono al sicuro con questi dirigenti, con questi consigli di amministrazione, con queste commissioni di vigilanza che si susseguono (nonostante gli “Alberto Angela non si tocca”, nessuno è intoccabile). Il tradimento della missione della Rai come “azienda culturale”, è sempre dietro all’angolo, seriale e impunito.
Tempesta sui social, certo, petizioni, anche (qui c’è quella su change.org). Ma, soprattutto, si deve far pressione sulla politica, metterla davanti alle propie responsabilità. E sperare che qualche maledizione etrusca (costruttiva eh, ci mancherebbe!) arrivi a buon fine. Non è il problema di questo programma di Alberto Angela, sia o non sia slittato, chiuso, sospeso, in ritardo “per Covid” o cos’altro. Angela in un modo o nell’altro si salva comunque. Ma per non restare solo con Giacobbo bisogna vigilare…
angelo.cimarosti@archaeoreporter.com
EDIT del 9 maggio 2021:
Sulla vicenda, comunque un gran pasticcio, restano i fatti, e le opinioni. Non mi baserei come “fatti” sulle dichiarazioni dei siti ufficiali dei programmi, che cercano evidentemente di abbassare i toni e di non mordere la mano che li sfama. I fatti sono che le puntate sono state sospese, come correttamente riportato. Che solo dopo la rabbia montante sono apparse giustificazioni, legate ai tempi di lavorazione per via del Covid. Che per la verità non impedisce, neppure come norme, il lavoro di produzione e di postproduzione secondo i protocolli di sicurezza (almeno non il nostro, ad esempio), ma questo alla fine è un dettaglio. Insomma, se tutto fosse vero, la Rai avrebbe fatto – come minimo – un gran pasticcio logistico e di comunicazione. Oppure se fosse solo parzialmente vero, si sarebbe messa una pezza a posteriori. ma la sostanza, su cultura e televisione, non cambia una virgola di quanto scritto sopra. Qui sotto riportiamo un post del direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia Valentino Nizzo:
Per correggere una vergogna targata RAI!