Alcune tombe, un adulto e due bambini, sono state identificate durante lo scavo della villa romana di Negrar. Proprio a un fiore di primavera, come quelli di ciliegio bianchissimi tutto attorno alla località Corteselle in pieno aprile, è quanto viene da pensare per i bimbi rinvenuti tra le vigne, a cui l’archeologia non può ovviamente dare un nome. L’archeologia dei resti umani però permette a questi piccoli esseri di rientrare in un certo modo nella storia, di ipotizzare cosa sia accaduto nel luogo che fu di una villa romana trasformato – alcune centinaia di anni dall’epoca dei mosaici del III secolo – in disordinata terra di sepoltura tra i campi, poi di nuovo tornata ad uso agricolo.
Si potrà capire forse quale fosse la loro alimentazione, cercarne la causa della morte, metterli in relazione con quei secoli e con quel territorio. Di certo il ritrovamento racconta degli invisibili, di coloro che nel corso dei secoli hanno lasciato ben poche tracce archeologiche. Le classi più povere e precarie, i pastori, i contadini non possidenti, i bambini di classi non agiate. I corpi ritrovati, deposti quanto l’antichità si stemperava nel primo medioevo, suggeriscono una vita molto semplice dopo la fine della villa, quando l’edificio non c’era più e quel che rimaneva era stato trasformato in qualcos’altro. Un’esistenza dove alcuni bambini e adulti venivano sepolti un po’ come capitava, tra i campi. Certo, quegli stessi campi erano anche coltivati nel medioevo, visto che gli archelogi hanno trovato anche le tracce dell’aratro, con solchi che hanno inciso il pavimento di quella che era stata una dimora signorile.
Gli ambienti termali e la villa dopo la villa
È un quadro complesso quello che si sta mostrando nell’imponente scavo coordinato dal Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, Vincenzo Tinè, e diretti scientificamente dal funzionario archeologo Gianni De Zuccato. Stanno arrivando molte evidenze di quello che è successo dopo la villa, che contribuiranno alla conoscenza della storia di quei secoli della Valpolicella. Ma anche per quanto riguarda il periodo romano le novità dell’aprile 2021 sono molte. Andando a cercare i limiti della villa gli archeologi della Sap hanno trovato ambienti con vasche, e subito adiacenti le prime tracce di un ipocausto e dell’impianto di riscaldamento con tubuli fittili. Insomma, tutto porta a identificare un’area con funzioni termali, che verrà indagata nelle prossime settimane. Nel contempo è in corso un lavoro di messa in sicurezza dello scavo, che è diventato imponente. Gabbioni di pietrisco (donati dalle cantine Buglioni, un atto meritorio) puntellano ora le strade bianche soprastanti, in attesa che anche le altre zone interessate alle indagini archeologiche possano essere messe a disposizione degli studiosi.
Il “che fare?” della villa – che si sta rivelando sempre più interessante – al di là delle dichiarazioni di intenti, è un tema molto delicato. Non c’è dubbio che la sua valorizzazione nel territorio, tema che sta molto a cuore a De Zuccato, sia l’obiettivo finale. Ma naturalmente servono le risorse e la buona volontà di molti: Stato, cha fa la sua parte, comune, privati, fondazioni bancarie. Sono anche loro tasselli del mosaico, proprio come quelli che la villa di Negrar alle Corteselle sta regalando in questi mesi.
QUI LE PUNTATE PRECEDENTI DELL’ARCHAEO-REPORTAGE:
Villa romana di Negrar, Valpolicella: la diretta delle nuove scoperte – Con i video-reportage
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