sabato 27 Aprile 2024

Raffaello, il primo soprintendente archeologico della storia – Recensione

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Raffaello Sanzio (1483-1520) fu in pratica il primo soprintendente archeologico e ai monumenti della storia. L’affermazione discende dalla celebre lettera che il grande urbinate scrisse al pontefice Leone X de’ Medici, o meglio da quell’insieme di concetti sulla necessaria conservazione delle grandi opere dell’antichità che per Raffaello fu espresso dalla raffinata penna di Baldassar Castiglione. La carica affidata all’artista nel 1514 fu quella di praefectus marmorum et lapidum omnium, con poteri che un soprintendenza contemporanea si sognerebbe.

Il ruolo era di fatto inedito, ci ricorda Valerio Terraroli, che per Skira ha scritto un denso volumetto che introduce all’epistola (che è del 1519), naturalmente presente in forma integrale. L’autore, professore ordinario di storia della critica d’arte, museologia e storia del restauro all’università di Verona, contestualizza perfettamente la lettera, e ci ricorda anche quanto abbiamo perso, o meglio non abbiamo mai avuto. Ossia la raccolta di disegni dei monumenti antichi della città di Roma eseguita dallo stesso pittore su richiesta del papa, di cui la lettera era di fatto una sorta di prefazione. Questa lacuna – l’opera non fu eseguita – è un disastro naturalmente per la storia dell’arte, ma in particolare per gli archeologi e i topografi di Roma antica, perchè una parte importante della missiva è spesa nel raccomandare la necessità di rappresentare i monumenti con precisione perchè essendo “assai studioso di queste antiquità e avendo posto non picciola cura in cercarle minutamente e misurarle con diligenza“, si sentiva – giustamente – conscio di “aver conseguito qualche notizia dell’architettura antica“.

Insomma, la lettera a Leone X ci fa rimpiangere la mancanza di questa cartella di disegni, sia per motivi di godimento estetico che per la non realizzazione di una documentazione che sarebbe stata preziosissima e precisa sullo stato delle “ruine” presenti nella Roma cinquecentesca. Non mancavano, da parte di Raffaello, le critiche alla “mano pesante” della nobiltà romana che, per edificare “palagi, chiese e altri edifici” non ebbe molti riguardi per le vestigia, tant’è che Roma “tutta è fabbricata di calce e marmi antichi. Poi, sempre per questioni squisitamente tecniche, Raffaello insiste con Leone X sulla validità del suo metodo e dei suoi strumenti per mappare quel che restava di Roma antica, con l’esatta collocazione dei monumenti, che sarebbero stati descritti con il disegno di ciò che ora definiamo pianta, alzato e sezione. Raffaello morì nel 1520, il papa de’ Medici l’anno dopo. Non ci fu tempo per mettere in pratica il progetto. L’epistola resta fondamentale per la storia del Rinascimento, del mecenatismo e, per noi, soprattutto per nascita di una coscienza di quelli che diventeranno “beni culturali” e per lo studio, la valorizzazione e la conservazione degli stessi.

Valerio Terraroli – Raffaello, Lettera a papa Leone X. Skira Mini Saggi, Milano, 2020

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